Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, siamo più consapevoli di quanto Google e Facebook sanno della nostra vita privata, a partire dalla cronologia del GPS, dei video su YouTube, la nostra e-mail e tutte le attività compiute in rete. Ma ciò che suona veramente strano è che la smisurata conoscenza della vita e delle abitudini delle persone fa sì che Big G si stia pian piano trasformando in una fonte primaria di notizie.
Sembra strano ma, quando ponete una domanda al motore di ricerca su un determinato argomento di attualità o cronaca, Google ha una rete talmente fitta di informazioni da essere capace di correlare dati su persone, fatti e concetti per dare una risposta praticamente certa.
Google spia tutti: miliardi di dati sensibili raccolti
A volte così certa da non citare le fonti. E da dove raccoglie tutti questi dati? Beh, in primis da noi stessi. E cosa succederà con gli assistenti vocali? Un gruppo di esperti, infatti, sostiene che usare Google Assistant presuppone un’estrema semplificazione dell’interazione uomo-macchina, così che il pensiero riflessivo viene meno (tipico dell’atto dello scrivere) e aumenterà la quantità di dati personali che divulghiamo a Big G. Immaginate quante confidenze e fatti può apprendere l’assistente….
Ma quando si tratta di diventare fonte primaria, su cosa si basa Google per costruire la sua versione della verità? Perché fino a che raccoglie i nostri dati è un conto, ma quando si sostituisce al lavoro dei giornalisti e delle forze dell’ordine allora bisogna affrontare la cosa seriamente. E spesso, quando alcune foto o informazioni confidenziali vengono associate a fatti di cronaca in rete prima che le parti interessate ne diano autorizzazione, Google non diffonde le sue fonti così apertamente.