La Luna è più luminosa del Sole. Sì, se osservata nella lunghezza d’onda dei raggi gamma. La scoperta della NASA è stata possibile grazie al lavoro degli scienziati Mario Nicola Mazziotta e Francesco Loparco dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Bari. Lo strumento cardine per questa scoperta, il Large Area Telescope, è parte del telescopio spaziale Fermi, costruito appositamente per la rilevazione dei raggi gamma.
Nello spettro delle radiazioni, i raggi gamma sono quelle aventi frequenza più elevata (e conseguentemente lunghezza d’onda più bassa), perfino superiore ai raggi x. I raggi gamma rilevati dalla Luna, però, si formano in maniera del tutto particolare: si creano dall’interazione tra le radiazioni cosmiche e la superficie lunare, che non viene schermata da alcun campo magnetico. Questo implica che essa venga letteralmente bombardata in qualsiasi momento da queste radiazioni, il cui contatto con la polvere lunare origina i raggi gamma.
La scoperta è importante soprattutto nell’ottica di un futuro ritorno dell’uomo sul satellite, perché i raggi gamma potrebbero compromettere la struttura del DNA degli astronauti.
Raggi gamma: la Luna risulta più luminosa del Sole
D’altra parte, benché la Luna risulti effettivamente più brillante del sole ai raggi gamma, questa luminosità non si mantiene costante nel tempo, ma varia ciclicamente durante gli anni. L’escursione tra due stati di luminosità può raggiungere perfino il 20%. Ma questi delta di intensità sono paradossalmente correlati all’attività solare: quando il vento solare è più forte (il che indica uno stato di maggiore attività energetica del Sole), esso va a ostacolare le radiazioni cosmiche, che quindi non possono interagire con la polvere lunare.
Nei periodi invece di più debole attività solare, come quello che stiamo vivendo in questi mesi, non c’è impedimento alla propagazione delle radiazioni cosmiche (solitamente prodotte da supernovae, buchi neri e altri fenomeni correlati a grosse quantità di energia), che quindi raggiungono il nostro pianeta – ma vengono schermate dal campo elettromagnetico – e il nostro satellite, dove toccano il suolo.
Comprendere le variazioni nell’intensità sarà indispensabile a programmare il ritorno dell’uomo sulla Luna, dal momento che l’esposizione prolungata a questi due tipi di radiazione, ossia radiazioni cosmiche e raggi gamma, potrebbe interferire con le sequenze nucleotidiche presenti nel DNA degli astronauti, determinandone una mutazione. Secondo la NASA, questo è uno dei maggiori problemi da risolvere prima che la nostra specie metta nuovamente piede sul nostro satellite naturale, a partire dal 2024.