Si parla tanto di fine del mondo, profezie e disastri che potrebbero decretare l’apocalisse per il nostro pianeta. I segni di cedimento del nostro ecosistema arrivano da ogni dove, sia di tipo naturale (come gli incendi che hanno interessato la Siberia) sia artificiale (come gli incendi appiccati in Amazzonia per far spazio alle supercoltivazioni di poche multinazionali).
Eppure, secondo i ricercatori dell’Arizona State University, c’è uno scenario non troppo remoto che non è stato ancora preso molto in considerazione. Ed è l’eruzione di un supervulcano.
Come riportato dal National Geographic, gli studiosi dell’università in Oregon hanno analizzato i minerali fossilizzati dello Yellowstone, affermando che potrebbe esserci meno tempo di quanto immaginiamo prima della sua eruzione.
Secondo quanto affermato dalla dottoressa Hannah Shamloo, facente parte del team che ha condotto gli studi sullo Yellowstone, la rapidità
con cui questo genere di vulcani può passare dallo stato quiescente allo stato di piena attività è estremamente elevata.Le previsioni dei geologi, infatti, ipotizzavano che una nuova eruzione sarebbe avvenuta a distanza di molti millenni, tenendo presente che l’ultima attività eruttiva del vulcano corrisponde a circa 70.000 anni fa. Ma in base a quanto rilevato, potrebbe trattarsi di pochi decenni di attesa, fino ad una nuova eruzione.
Benché l’evento interesserebbe momentaneamente i soli Stati Uniti, facendo perdere la vita (si stima) a circa 87.000 persone e rendendo i due terzi del Paese inabitabili, presto la nube generata dai fumi e dalla cenere dell’eruzione ricoprirebbero la nostra atmosfera, andando ad oscurare il sole e gettando il pianeta in un lunghissimo inverno nucleare, da cui non avremmo scampo.