L’incidente di Chernobyl sembra essere uno di quei disastri difficili da dimenticare per l’uomo. L’impatto fu devastante e le conseguenze sono presenti ancora oggi nel 2019, dopo circa 33 anni. Il 26 Aprile 1986 ci fu lo scoppio del reattore 4 che portò con sé numerosi morti per via diretta ed indiretta a causa dei tumori generati dalle radiazioni. Il mondo conobbe la potenza e la pericolosità del nucleare, e da allora, vive con la paura delle fabbriche nucleari, nonostante siano presenti in larga scala in tutto il pianeta.
Il tutto fu causato da un test per il reattore che si trasformò in un’esplosione che scoperchiò il tutto causando la fuoriuscita del materiale radioattivo. Tale sostanza liberata nell’aria, uccise tutte le persone presenti nell’area e arrivò quasi fino in Europa.
Le vicende di quella tragica nottata sono state studiate a lungo dagli scienziati. La causa di tutto è stata l’errore umano e la superficialità dei tecnici addetti all’impianto.
Da lì infatti si è innescato un processo che ha innescato una serie di incidenti che ha portato allo scoppio dell’impianto nucleare.I tecnici dell’epoca volevano alimentare la potenza del sopracitato reattore 4, il quale, caricatosi più del dovuto, fu tenuto in blocco con delle barre realizzate in grafite. Il minerale, a contatto con l’idrogeno contenuto nell’acqua che era nel raffreddamento della turbina, provocò l’esplosione che tutti noi conosciamo.
Oggi, a distanza di 33 anni dall’incidente, cosa rimane della “zona di esclusione“? Attraverso un sistema di studio dell’ambiente mediante dei droni, si è potuto osservare l’intero territorio con un raggio di 13 km circa. I droni sono stati equipaggiati con degli spettometri per raggi gamma per analizzare la quantità di radiazioni presenti nell’aria. E’ emerso che l’intera zona è ancora molto contaminata, e passeranno diversi anni prima di poter ritornare alla normalità.