Sempre più persone si lamentano di avere sopra le proprie teste, ovvero i tetti delle case, antenne e ripetitori che emettono possibili radiazioni elettromagnetiche senza che alcun ente intervenga in merito. Per misurare il livello di rischio servirebbe una misurazione accurata da parte dell’Arpa, ma i tecnici delle varie agenzie regionali sembrano di rado trovare livelli anomali di emissioni.
Ovviamente il rischio di inquinamento elettromagnetico c’è, ma dalla parte di questa sorta di sordità ambientale ci si è messa anche il recente aggiustamento dei limiti di legge consentiti, innalzati dal governo Monti. Tuttavia né in Europa e né oltre oceano le cose sembrano funzionare per il verso giusto.
Sui ripetitori e ponti radio è intervenuta anche la IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, la quale nel 2011 ha classificato le radiazioni elettromagnetiche come “possibile cancerogeno nell’uomo“. Tale enunciato poggia sugli studi della prima decade del 2000 sulle leucemie nei bambini e sull’accresciuto rischio di tumori celebrali prodotti dall’uso del telefono o dalla vicinanza ai ripetitori. Ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità non accetta effetti direttamente collegati
tra radiazioni e incidenza di tumori nell’uomo. Questo dipende anche dagli stessi studi che dimostrano effetti negativi conclamati soltanto per esposizioni volutamente massicce alle radiofrequenze.Eppure si vocifera che degli studi condotti in Svezia hanno spinto i ricercatori a chiedere allo Iarc il cambio di classificazione delle radiofrequenze da “possibile a cancerogeno certo“. In aggiunta, da fonti interne del CNR pare che stiano per pubblicare un nuovo studio che conferma la diretta implicazione tra radiazioni elettromagnetiche e tumori, per arrivare almeno a una classificazione “come probabile cancerogeno”.
D’altronde cosa ci aspettiamo dagli Enti e dalle Organizzazioni mondiali? Non molto in realtà, perché in gioco c’è un conflitto di interessi in seno alla Commissione Europea che blocca ogni discussione in aula. Un’ostruzionismo delle lobby dei produttori dei cellulari che fu ammesso dallo stesso consorzio GSM già nel 2011, come stabilito dalle dichiarazioni dell’allora direttore Franco Bernabé.