Fra poco arriverà il periodo in cui sarà più evidente la “non azione” del buco del ozono, ovvero quello strato presente nella stratosfera che protegge la Terra dalle radiazioni dei raggi ultravioletti UV-C provenienti dal Sole. Eppure quest’anno sembra che ci sia un minimo di cui rallegrarsi, poiché gli scienziati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) hanno diffuso dei dati che indicano un restringimento del buco dell’ozono.
Le stime sostengono che sarà il diametro più stretto degli ultimi 30 anni, ovvero sarà largo la metà di quanto registrato nel 2018. Come precisa il CAMS in una nota:”le previsioni indicano che, dopo aver raggiunto un minimo locale la scorsa settimana, il buco dell’ozono potrebbe ricominciare a crescere gradualmente, ma è improbabile che raggiungerà nuovamente l’ampiezza degli ultimi due o tre decenni.”
Questa sorprendente affermazione del CAMS poggia anche sulla collaborazione del Centro Europeo per le Previsioni Metereologiche a medio termine (ECMWF) e i dati sono stati presentati in occasione della “Giornata Internazionale per la preservazione dello strato di ozono“, occorsa lunedì 16 settembre.
Per misurare ogni anno l’ampiezza del buco dell’ozono si usano le osservazioni satellitari e i modelli del clima, e il CAMS afferma che:”tipicamente il buco dell’ozono in Antartide comincia a formarsi ogni anno ad agosto, raggiungendo il massimo della sua dimensione ad ottobre, per poi chiudersi nuovamente a dicembre. Tuttavia, i dati rivelano che il buco dell’ozono in Antartide ha cominciato a formarsi con circa due settimane di anticipo rispetto a quanto previsto e rispetto agli anni precedenti.
”La causa di questo indebolimento del buco è probabilmente un improvviso evento di riscaldamento stratosferico che ha bloccato l’azione dei venti polari. Tuttavia, già nel biennio 2016-2018 si era osservato che il fenomeno del buco si stesse attenuando, segno che i patti internazionali siglati con il protocollo di Montréal stanno dando il loro risultato.
A spegnere gli entusiasmi ci pensano gli scienziati e i climatologi, i quali sono convinti che per richiudere definitivamente il buco dell’ozono ci vorranno altri 40 anni. Inoltre, il dirigente CAMS Vincent-Henri Peuch sostiene che:”non c’è motivo di compiacersi troppo. Il recupero dello strato di ozono dipende dai cambiamenti climatici e dal raffreddamento nella stratosfera, che può ritardare il processo di formazione del buco. Inoltre, la possibilità che si verifichino emissioni non autorizzate di sostanze che riducono lo strato non può essere esclusa. Infatti, lo scorso anno è stati rivelato il rilascio di clorofluorocarburo (Cfc 11). È molto importante mantenere un forte impegno internazionale per monitorare il recupero dello strato”.