Le prime prove scientifiche dell’esistenza delle onde gravitazionali sono arrivate soltanto nel 2016, le quali sono state emesse dalla collisione fra due buchi neri supermassicci molto distanti da noi. Tuttavia, quella scoperta dimostrò che Einstein aveva ragione, ma la fisica del buco nero è stata di nuovo riscritta con questa conferma scientifica.
Infatti, si è potuto confermare un’affermazione del 1973 del fisico John Archibald Wheeler, il quale descrisse scherzosamente che “i buchi neri non hanno capelli”. Questo enunciato nascondeva una importante teoria secondo cui un buco nero può essere descritto sono tramite la sua massa e la sua rotazione, mentre la carica elettrica e il magnetismo sono praticamente assenti.
Buchi Neri: le novità sulle onde gravitazionali
Lo studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letters è opera degli astrofisici dell’Università Stony Brook di New York in collaborazione il MIT di Boston e del California Institute of Technology (Caltech). In precedenza si era ipotizzato che tali oggetti dovessero avere una rete di forze che tenessero questi giganti cosmici “ancorati” all’universo. Ma la scoperta delle onde gravitazionali ha riscritto molte delle teorie sull’argomento, dando al contempo ragione a John Wheeler, il fisico che ha coniato il nome “buco nero”.
Dalle risultanze dello studio, infatti, nelle collisioni tra coppie di buchi neri che emettono onde gravitazionali non si è trovata alcuna traccia di “capelli”, o almeno, gli strumenti di cui disponiamo non sono stati in grado di rilevare nulla. Tuttavia, i futuri segnali di onde gravitazionali captate dagli interferometri Ligo e Virgo ed emessi da collisioni di buchi neri permetteranno di studiare in modo sempre più preciso le caratteristiche di questi oggetti così estremi nello spazio.