Il 26 aprile 1986 è una data che ricorderemo per tantissimi anni, nel corso di normali controlli di routine, il poco buon senso degli addetti ai lavori, affiancato da una infrastruttura non all’altezza della situazione, ha portato ad un vero e proprio disastro di dimensioni planetarie. I protocolli di sicurezza sono stati violati, ciò ha portato ad un aumento incontrollato della temperatura del reattore 4, con la conseguente rottura dei tubi di raffreddamento; la conseguenza non è stata una vera e propria fusione del nocciolo, quanto un’ingente emissione di radiazioni nell’atmosfera (la nube ha raggiunto anche la Norvegia, per intenderci).
Dopo 33 anni si è tornati a parlare di Chernobyl, prima grazie all’eccellente serie televisiva creata in loco, ma anche per lo studio condotto dall’Università di Bristol in merito allo stato dell’area. Utilizzando i droni gli scienziati hanno mappato 15 chilometri quadrati attorno alla centrale, le scoperte fatte mostrano radiazioni ancora ai massimi livelli (molto pericolose per l’uomo) con la totale assenza di esseri viventi.
La maggiore concentrazione è stata registrata nella cosiddetta foresta rossa, forse a causa proprio dell’enorme quantitativo di radiazioni assorbite dalle piante (hanno addirittura cambiato colore), rilasciate poi nell’aria molto più lentamente. Riusciremo davvero a recuperare mai l’area creata nei pressi di Chernobyl?