Il disastro di Chernobyl del 26 Aprile 1986 verrà ricordato per sempre come il peggior incidente nucleare mai accaduto. La volontà dell’Unione Sovietica di insabbiare l’accaduto non fece che peggiorare la situazione, allungando vistosamente il numero delle vittime per le radiazioni. Un errore umano e la mancata ottemperanza delle più basilari norme di sicurezza espose l’Europa alle conseguenze di una pericolosissima nube radioattiva. Questa arrivò addirittura a lambire il nostro paese.
L’esplosione del reattore 4 durante quella notte ha causato negli anni centinaia di morti, la cui lista continua ad aumentare di anno in anno. Nonostante il nuovo sarcofago di contenimento l’aerea è ancora pesantemente segnata dalle conseguenze delle radiazioni. Recentemente sono stati ricominciati degli studi intorno alla “zona di esclusione”, di cui però vi parleremo tra poco.
Ma cosa accadde quella notte? Stando alle ricostruzioni l’esplosione fu generata da una catena di eventi in rapida successione. E’ stato inoltre appurato che una parte di responsabilità risiede in un difetto di costruzione dei reattori RBMK. La colpa maggiore fu però di chi era in turno durante il “test di sicurezza” del reattore 4. La mancanza di preparazione adeguata dei tecnici ed un eccesso di zelo spinsero infatti il generatore ben oltre le reali possibilità, causando l’esplosione del coperchio e la conseguente esposizione del nocciolo all’aria.
Questa fu causata da una reazione tra le punte in grafite delle barre di controllo e l’idrogeno contenuto nell’acqua del liquido di raffreddamento delle turbine. Due tecnici erano infatti stati inviati ad aprire tutti i rubinetti per abbassare la temperatura del reattore.
Chernobyl: i nuovi rilevamenti realizzati per mezzo di droni speciali
I danni dell’ecosistema nei pressi dello stabilimento di Chernobyl sono ben noti, ma mai si sarebbe pensato che anche a 33 anni di distanza la situazione potesse essere cosi delicata. Stando ad una serie di misurazioni effettuate con alcuni spettrometri montati sui droni, l’area sarebbe ancora fortemente radioattiva e pericolosa per la vita umana.
La missione si è svolta qualche mese fa, mappando un’area di circa 15 chilometri quadrati intorno alla famosa “zona di esclusione”. I droni sono stati fatti volare da un punto prestabilito a circa 13 chilometri dal reattore esploso, proprio con lo scopo di coprire una zona maggiore. I livelli di contaminazione non accennano minimamente a diminuire e potrebbero rimanere tali ancora a lungo.