Se credete che vi stiamo per parlare di qualcosa di fantascientifico, be’… sappiate che vi sbagliate. Perché ciò che un tempo poteva sembrare relegato ai film o alla fantasia di alcuni sognatori, oggi esiste per davvero.
Ma per comprenderlo, è necessario fare un passo indietro di circa un secolo, perché il primo a parlare di “teletrasporto” fu proprio Albert Einstein.
Nelle prime teorie formulate, il fisico tedesco riteneva infatti che due particelle provenienti da uno stesso insieme, spedite in due direzioni differenti nello spazio (distanti anche migliaia di km), sarebbero state influenzate da eventi casuali e differenti occorsi indipendentemente all’una o all’altra. In realtà fu lui stesso a doversi ricredere in merito, dal momento che venne a scoprire il fenomeno dell’entanglement quantistico.
Teletrasporto: su quali principi si basa?
Entanglement, letteralmente “intreccio”, implica l’influenza che ciascuna particella ha sull’altra, se provenienti dallo stesso nucleo iniziale.
Questo fenomeno, riscontrato sperimentalmente, ha permesso di comprendere che una stimolazione prodotta su una determinata particella si riflette in maniera identica sulla corrispondente, anche a milioni di km di distanza.
Fino ad ora, questa conoscenza è stata applicata nell’invenzione dei cosiddetti computer quantistici, che ha portato una notevole innovazione nel settore, producendo velocità mia riscontrate con i computer “tradizionali”.
È notizia recente, inoltre, che mentre fino ad ora si era riusciti a mettere in atto un teletrasporto bidimensionale – con pacchetti di dati che includono esclusivamente 0 e 1 – contemporaneamente in Austria e in Cina due team di ricercatori sono riusciti a dar luogo al teletrasporto multidimensionale, aggiungendo anche la dimensione “2” a quelle già esistenti.
La scoperta è straordinaria per le sue implicazioni in merito alla connettività dei dispositivi.