Ormai è passato più di mezzo secolo da quando l’iconografia letteraria, la musica e il cinema hanno evidenziato ogni singolo aspetto degli extraterrestri provenienti da mondi alieni. Al netto di tutte le finzioni artistiche, al momento la matematica applicata su scala cosmica ci confort dicendoci che non possiamo essere soli nell’Universo, ma resta il fatto che gli alieni non si sono fatti vedere.
Dunque, se il paradosso di Enrico Fermi e l’equazione di Frank Drake accertarono che era impossibile che fossimo soli, gli sforzi della comunità scientifica dagli anni ’50 in poi per trovare forme di vita extraterrestre nel cosmo non hanno ancora sortito risultati. Sarà forse colpa del nostro metodo di ricerca? Forse, poiché attualmente ci affidiamo alla ricerca di segnali radio con un sistema di antenne e radiotelescopi dislocati su tutto il pianeta. In più, solo negli ultimi anni gli astronomi stanno iniziando a cercare segnali di altro tipo come la luce pulsata.
Il nostro interesse si è poi spostato nella parte attiva della ricerca su forme di vita aliena, poiché stiamo cercando pianeti simili alla Terra che orbitano a una distanza specifica dalla loro stella madre. I criteri adottati per trovare mondi candidati ad ospitare la vita biologica hanno dato i loro frutti, e uno degli ultimi pianeti identificati si chiama Proxima b che ruota attorno a Proxima Centauri. Questo mondo è molto vicino al nostro sistema solare e si ritiene che ha le carte in regola per ospitare la vita, ma non sappiamo se è eventualmente intelligente. È infatti una questione annosa, poiché un conto è trovare pianeti abitabili e un altro è scoprire che hanno vita intelligente.
Ma ci sono anche teorie che contrastano la certezza matematica che non siamo soli nell’universo
. Una delle prime ipotesi è che la Terra è un evento molto raro nel cosmo, stante il fatto che la comparsa della vita abbia richiesto eventi e circostanze astrofisiche e geologiche abbastanza improbabili. A sostenere questa ipotesi sono stati, tra l’astrofisico Michael Hart e il matematico Frank Tipler, autori della cosiddetta congettura Hart-Tipler: sostanzialmente dichiara che “se un’intelligenza extraterrestre avesse sviluppato le tecnologie necessarie a effettuare viaggi interstellari l’avremmo già osservata.”Un teoria non proprio scientifica ma plausibile è quella formulata nel 2001 da Stephen Baxter dell’uomo in un planetario. Baxter affermò che:”una possibile soluzione del paradossi di Fermi è che viviamo in un Universo artificiale, magari una sorta di planetario in realtà virtuale progettato per darci l’illusione che l’Universo sia vuoto. Calcoli di fisica quantistica e considerazioni termodinamiche ci permettono di stimare l’energia richiesta a creare questo tipo di simulazione, compatibile con quella a disposizione di una civiltà del terzo tipo”.
Poi c’è la teoria dell’ibernazione degli alieni in attesa di tempi migliori formulata da Anders Sandberg, Stuart Armstrong e Milan Ćirković, due neuroscienziati e un astronomo. In sostanza, gli autori sostengono che gli alieni si sarebbero evoluti al punto di fondere biologia e robotica, ma avrebbero deliberatamente deciso di ibernarsi in attesa della diminuzione della temperatura dell’Universo per risparmiare l’energia necessaria ad alimentarsi.
Infine vi lasciamo con l’ipotesi apocalittica formulata da Alexander Berezin, fisico teorico della National Research University of Electronic Technology. Secondo lui non è importante come si sia evoluta la vita intelligente rispetto alla biologia terrestre, ma quanto sia distante da noi. “Secondo me la prima forma di vita che riuscirà a compiere un viaggio interstellare deciderà di spazzare via tutte le forme di vita concorrenti per non aver alcun intralcio alla propria espansione”.