Facciamo un passo indietro all’aprile 1986, era una normale notte di lavoro a Chernobyl, nel corso di alcuni controlli di sicurezza, addetti ai lavori hanno infranto i protocolli causando una involontaria crescita di temperatura del reattore 3. Questa ha portato, a causa di una infrastruttura antiquata e non all’altezza, alla rottura dei tubi di raffreddamento e ad una finale emissione nell’aria di un’enorme quantità di radiazioni. Si è venuta a creare una nube tossica che ha coperto l’intera Europa, con conseguenze disastrose sia per la popolazione dell’epoca che per le generazioni future.
Sono trascorsi 33 anni da una delle date più famose, in uno studio condotto da Bristol con l’ausilio di droni (si sono sorvolati 15 chilometri quadrati attorno alla centrale), è stato possibile dimostrare che ad oggi le radiazioni restano elevatissime e dannose per l’organismo umano. Chi si reca nell’area può restarci per un tempo brevissimo senza tuta protettiva, portando con sé anche un contatore geiger, in caso contrario rischia dei danni irreparabili.
Oltre a questo è stato notato come nell’area non sia presente nemmeno un essere vivente, condizione molto preoccupante sono considerato il tempo intercorso dalla data del disastro. La zona ancora più pericolosa resta la foresta rossa, forse a causa proprio del lento rilascio delle radiazioni assorbite dalle piante.