Puntualmente ogni anno vengono fuori nuove teorie su cosa potrebbe causare la fine del mondo. Certo, da sempre l’uomo si interroga sul senso dell’universo e sull’eventualità di una sua fine, e lo fa in termini differenti a seconda delle varie tradizioni culturali e religiose.
Nei secoli sono state elaborate moltissime ipotesi volte a chiarire in cosa potrebbe consistere l’Armageddon, e alcune sono arrivate fino a noi grazie a profeti o cultori di determinate tradizioni popolari, che hanno divulgato il loro messaggio.
Nelle ultime due decadi, però, questo fenomeno si è fatto più presente e pressante, forse andandosi ad addizionare all’ansia atavica e alla frenesia – oltre che al malcontento crescente per la situazione politica ed economica a livello mondiale – che sembra caratterizzare sempre più il nuovo millennio. La ricerca del sensazionalismo, dunque, si concretizza anche con la maggior attenzione verso aspetti che finora sarebbero stati considerati marginali, come appunto l’imminente Apocalisse.
L’errore più frequente che normalmente si commette nell’analisi di determinate profezie consiste nel prenderle alla lettera. Le profezie, infatti – la letteratura e la religiosità ci insegnano – vanno interpretate, più che intese come assunti ineluttabili.
Si pensi alla profezia Maya che destò tanto scalpore nel 2012, anno in cui era stata individuata la fine del mondo secondo un’antica scrittura di questo popolo. In realtà nulla di quanto era previsto si è realmente verificato, per poi riabilitare la teoria parlando di un errore nell’interpretazione. Così come la profezia di Ezechiele, che sembrava confermata da uno scatto pubblicato dal fotografo israeliano Noam Bedein, rivelatosi poi tutt’altro che a favore della teoria.
Bisognerebbe pertanto avere un atteggiamento di “epoché”, sospensione del giudizio, dinanzi a determinate teorie e profezie. Non si sarà mai nel torto.