La macchina fiscale lavora a ritmi incessanti per garantire che le leggi vengano rispettate e che tutte le contribuzioni siano versate, a beneficio di tutti i cittadini.
D’altra parte, negli ultimi mesi uno degli strumenti della finanza è ufficialmente andato in pensione, dal momento che risultava inadeguato per gli obiettivi prefissati nella lotta all’evasione fiscale. Si parla del Risparmiometro, un complesso algoritmo che andava a calcolare la congruenza tra redditi dichiarati ed uscite effettuate (in termini di spese di un certo calibro, come l’acquisto di un’auto).
A seguito dell’approvazione del Decreto Dignità, a dicembre 2018, lo strumento in questione è stato valutato non più idoneo a svolgere la propria mansione.
A lui, però, subentrerà il cosiddetto Evasometro (o Redditometro), approvato già dal governo Monti ma introdotto solo ora perché la sua lavorazione ha richiesto diverso tempo.
L’evasometro andrà a valutare se vi è congruenza tra redditi dichiarati e denaro depositato sui conti correnti. Laddove si andasse a valutare una discrepanza superiore al 20%, si procederebbe a controlli più approfonditi.
D’altronde, quest’analisi partirà dall’anno di imposta 2014 (che a quanto risulta, sarebbe il primo di cui sono noti precisamente i dati dei correntisti e l’ammontare dei depositi totali intestati a suo nome). Questo implica che non ci sarà periodo di gap tra l’applicazione dell’Evasometro e il pensionamento del Risparmiometro. In questa maniera, si potranno anche andare a valutare nuovamente gli anni per cui il vecchio strumento si era rivelato inaffidabile, così da coprire tutto l’arco temporale che è possibile analizzare.