Di fenomeni astronomici, questa estate, abbiamo avuto modo di apprezzarne davvero tanti. Sin dalle manifestazioni più frequenti, come la pioggia di meteore per il passaggio delle Perseidi, sino a quelli più singolari come la fusione del bolide che ha illuminato, la notte del 16 agosto, i cieli della Sardegna – restando visibile perfino in Francia, Svizzera, Spagna e Tunisia.
Da sempre l’uomo si è dedicato a comprenderne le cause e analizzarne le conseguenze. E non solo per il loro innato fascino: soprattutto per il potenziale pericolo che potevano rappresentare per la sua sopravvivenza.
Quando ancora molta parte della scienza era a noi ignota, ogni fenomeno poteva corrispondere ad una minaccia per la nostra specie. Pertanto meritava attenzione e dedizione nel tentativo di scongiurare qualsiasi ripercussione.
Ad oggi, invece, spesso si sfrutta l’attenzione mediatica di questi fenomeni
per gettare allarmismo nell’opinione pubblica, anche nei confronti di fenomeni che non procurerebbero alcun danno e che vengono strettamente monitorati.Tra le numerose notizie di quest’anno, due hanno destato particolare stupore e timore nel pubblico, che le ha intese – anche a causa di malinterpretazioni da parte dei media – come una minaccia imminente.
Primo su tutti, si è parlato dell’asteroide QV89, che dal 2013 in realtà è tenuto sotto osservazione dalla NASA e il cui passaggio, previsto lo scorso settembre, sarebbe avvenuto a oltre sei milioni di chilometri dal nostro pianeta. Lungi dall’essere dunque un reale pericolo, qualora avesse modificato la propria traiettoria sarebbe comunque stato disintegrato prima dell’impatto ad opera di una serie di missili inviati appositamente per neutralizzarlo.