Utilizzare un programma per computer senza licenza d’uso penso sia uno dei maggiori successi della pirateria informatica. La proliferazione dei software non originali, ovvero crackati, ha permesso a milioni di Italiani di risparmiare centinaia di milioni di euro nell’acquisto delle licenze.
Ma forse non tutti sanno che l’uso di programmi pirata, sia a livello personale che commerciale, comporta la violazione del diritto d’autore e la relativa sanzione a livello penale. Effettivamente cosa si rischia? Vediamo insieme di dirimere un poco la matassa.
Il diritto d’autore sulle opere informatiche gode di una legge che disciplina la violazione di interessi di natura privata ma eroga sanzioni di carattere penale. Nel caso un giorno vi bussi alla porta la Polizia Postale per vedere le vostre licenze d’uso non vogliamo essere nei vostri panni, anche se la Corte di Cassazione ha fatto distinzione tra i programmi piratati in a fini commerciali e quelli di cittadini privati.
La legge sul diritto d’autore stabilisce la reclusione da sei mesi a tre anni, oltre a una multa da 2.582 a 15.403 euro per chiunque sfrutta a scopo commerciale dei software non contrassegnati dal bollino Siae sulla confezione. In tutti gli altri casi, invece, in cui la pirateria non comporta scopo di lucro non si può più parlare di reato.
Quindi siamo salvi, poiché non c’è più evidenza penale se un software non originale è detenuto da un privato senza fini di guadagno, ma le sanzioni di natura economica restano sotto forma d’illecito amministrativo anch’esso previsto dalla legge sul diritto d’autore. Si parla di una multa pari a 154 euro, la confisca del materiale piratato e la pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale.
Va specificato comunque che chi compra un programma originale con relativa licenza e bollino Siae, può sempre farsi una copia di scorta.