Le grandi Piramidi egiziane hanno ancora tanto da raccontare. Solo ora, dopo millenni, stiamo effettivamente riuscendo ad analizzare e approfondire i fenomeni socio-culturali, economici e scientifici nascosti dietro la costruzione di queste opere megalitiche.
In qualunque modo le si guardi, che sia in una fotografia, in un documentario, fino ad ammirarle dal vivo, le Piramidi non possono che attrarre lo sguardo affascinato e stupito degli spettatori, attoniti e ammutoliti da un così devastante tripudio di scienza e ingegneria.
Sì, ingegneria: perché uno dei più intellegibili misteri che ad oggi aleggia ancora intorno a questi immensi monumenti riguarda proprio la loro costruzione. E la domanda che ci si pone dinanzi a tanta bellezza affiora quasi spontanea: come hanno fatto gli Egizi a trovare ed estrarre blocchi di granito di tali dimensioni (oltre che ad impilarli) data la scarsità di cave nella zona?
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Già da tempo, gli archeologi avevano ipotizzato esistesse un sistema di rampe che consentisse di disporre i blocchi gli uni sugli altri, formando la struttura per come la conosciamo, per un’altezza in origine di 146 metri e occupante ben 5 ettari di superficie.
Negli studi effettuati in questi ultimi anni da parte dell’Istituto Francese di Archeologia Orientale, nonché dell’Università di Liverpool, si sono scoperte tracce di una rampa nei pressi di un’antica cava, presente presso il sito di Hatnub.
La distanza tra la cava e il complesso di Giza era pari a circa 300 km, ma grazie al complesso sistema di trasporto ideato dagli Egizi si riuscivano a trasportare i blocchi anche superando pendenze fino al 20%. Il tutto, naturalmente, sfruttando il lavoro degli schiavi.