Partiamo da una doverosa premessa, i social network fanno parte delle nostre vite da un tempo relativamente breve quindi, per quanto riguarda uno studio reale sulle dipendenze, possiamo dire che ancora non c’è nulla di ufficiale sui disturbi provocati da questo tipo di comportamenti. Non a caso nè l’Organizzazione Mondiale della Sanità nè L’American Psychiatric Association (due istituzioni preposte alle definizioni delle dipendenze), hanno ancora registrato quello da Social Network come disturbo diffuso tra la popolazione mondiale. Di diverso avviso è lo psicologo Mark Griffiths, della Nottingham Trent University, pioniere negli studi sul tema che afferma, invece, che i Social Network danno dipendenza, e chi ne è vittima, ha esattamente gli stessi comportamenti e gli stessi sintomi di chi ha dipendenza da alcol e droghe, in particolare si manifestano sbalzi d’umore, una sorta di isolamento sociale, una serie di conflitti interni e la ricerca di fuga dal vuoto della vita reale.
Come detto in precedenza siamo di fronte ad un fenomeno relativamente giovane eppure, i numeri, sono da capogiro. In tutto il mondo sono 4 miliardi le persone quotidianamente connesse, parliamo del 50% della popolazione mondiale, il fenomeno cresce numericamente se pensiamo che in Europa il 76% della popolazione utilizza internet e tra questi, il 57% utilizza i Social. l’Italia è assolutamente in linea con gli standard europei, infatti il nostro paese vede 43 milioni di persone utilizzare internet e di queste, 34 milioni sono sui social. Nello specifico Facebook, batte, se pur di poco, WhatsApp, contando rispettivamente il 60% contro il 59% di connessioni sulle relative piattaforme. Facebook, quindi, è il nostro grande amore e le statistiche rivelano che non c’è grande disparità di età. Non un social network per soli giovani quindi, ma che vede altissime percentuali a partire dai 16 anni fino ad arrivare ai 60. Gli Italiani sono on line circa sei ore al giorno e di queste, due, vengono passate sui Social, Facebook e Instagram in primis. Andando ancora più a fondo nella lettura dei numeri, si evince che quasi il 40% di chi possiede un profilo Facebook non riesce a stare più di mezz’ora senza scorrere le bacheche altrui, stessa cosa per chi, su WhatsApp, non riesce a stare più di un’ora senza dire la sua all’interno di un gruppo. E’ questa la malattia compulsiva che intendono vari studiosi del settore tra cui Ivan Goldberg, l’estrarre continuamente, a pochi minuti di distanza il proprio smartphone dalla tasca o dalla propria borsetta, esattamente come chi accende ripetutamente una sigaretta o si versa spesso da bere. Una dimensione quindi, che non viene diagnosticata come malattia mentale, comportamentale o esistenziale ma che, dati alla mano, probabilmente ne è una parente molto stretta
. D’altronde basta guardarsi intorno su un qualunque mezzo pubblico o nella sala d’aspetto del medico, troverete tutte teste basse sugli smartphone, per lunghi periodi di tempo. Così come nei ristoranti, appena cala il livello della discussione o addirittura si arresta, è il momento propizio per afferrare il proprio smartphone. Perché un post, un tweet all’improvviso, una storia su Instagram oppure catapultarsi sulla bacheca di un ex per vedere come se la passa, non capiremo mai se sono gesti inconsulti e maniacali oppure la soluzione, per riempire piccoli momenti di vuoto esistenziale.