Possono le radiazioni nucleari, così nocive, essere trasformate in nuova energia positiva?
È quello che si sono chiesti alcuni ricercatori già dal 1991 quando, inviando robot pilotati all’interno delle stanze della centrale di Chernobyl, scoprono la presenza di più colonie di funghi sulle pareti.
La conferma avviene qualche anno più tardi, nel 2007, quando la professoressa Ekaterina Dadachova dell’Università di Saskatchewan scopre che soprattutto tre tra le specie di funghi presenti nel reattore 4 oggetto di studio, la Cladosporium sphaerospermum, Cryptococcus neoformans e Wangiella dermatitidis, risultano in grado di crescere velocemente proprio grazie all’esposizione alle radiazioni. Si tratta, infatti, di specie particolari che sintetizzano attraverso la melanina di cui sono ricchi, le radiazioni trasformandole in energia chimica fondamentale alla loro crescita.
L’esistenza di forme di vita capaci di assorbire grandi quantitativi di radiazioni rappresenta per la scienza un’ importante scoperta: nel 2016 infatti, i ricercatori del Jet Propulsion Laboratory
hanno inviato alcuni campioni di questi funghi nell’area ISS (Stazione Spaziale Internazionale) per osservare il loro comportamento e la relativa proliferazione trattandosi di un ambiente con una radioattività notevole. Se la loro crescita dovesse risultare possibile, la loro diffusione in questo contesto fungerebbe da schermatura per coloro, gli astronauti, che lavorano e subiscono una miriade di test, tra i più disparati, prima di essere lanciati nello spazio. L’esito di questa scoperta è di indubbio interesse, soprattutto considerando il significato che ci detta e rapportandolo in una visione più ampia; qualunque forma di energia ci si presenta davanti, questa vita e’ in grado di riutilizzarla.