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Coronavirus: il siero dei guariti favorirebbe il trattamento dei malati?

Il coronavirus è naturalmente l’argomento più trattato in questo periodo. Tra notizie sul numero di infetti, le guarigioni, le morti e tutto ciò che è possibile fare nelle nostre case durante la quarantena, non si parla d’altro. Ma tra le notizie più interessanti, spiccano quelle che informano sulle ricerche che gli studiosi stanno facendo per trovare delle cure efficaci.

Coronavirus, ecco tutto quello che sappiamo su delle possibili cure

È giusto premettere che al momento non esista nulla di certo: è ancora passato troppo poco tempo e le ricerche sono in corso. Tuttavia esistono delle teorie interessanti su cui si sta sperimentando proprio in questi giorni.

La domanda che gli scienziati si stanno ponendo di più è se possa il siero dei guariti fungere da cura per i malati. Il concetto di guariti tuttavia, è ancora impreciso: quelli che conosciamo sono solo una parte dei guariti effettivi. Vi ricordiamo che questo virus può essere asintomatico e pertanto, molti guariti potrebbero non aver mai saputo di essere infetti. Ecco la definizione di guarito secondo il Consiglio Superiore di Sanità:

Si definisce clinicamente guarito da Covid19 un paziente che diventa asintomatico. Per risoluzione della sintomatologia clinica presentata il soggetto clinicamente guarito può risultare ancora positivo al test. Il paziente guarito è colui il quale risolve i sintomi dell’infezione da Covid19 e che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca di SarsCov2.

Ecco l’opinione di Gianni Rezza, capo del reparto di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. Nella maggioranza dei casi, la scomparsa di un’infezione virale è accompagnata dalla produzione di anticorpi specifici contro il virus. In questo caso, salvo rare eccezioni, un’infezione tende a non ritornare sullo stesso soggetto. Sulla base di questo, benché non se ne abbia la certezza, viene naturale supporre che possa valere anche in questo caso.

Per questa ragione la teoria del plasma potrebbe essere interessante. C’è però da aggiungere che tra le controindicazioni esiste il rischio di effetti collaterali dovuti alla difficoltà di purificazione e al problema stesso della produzione di plasma. Secondo Rezza sarebbe meglio investire nella produzione sintetica gli anticorpi monoclonali, esattamente come in passato è stato fatto da alcune aziende biotech in risposta all’ebola e come alcune di esse stanno già facendo.

Riuscire in questo non comporterebbe alla guarigione, ma proprio a una protezione dal virus. Ad oggi esistono pochissimi casi di reinfezione al coronavirus, pertanto è facile supporre e l’infezione porti ha un immunizzazione, benché non sia ancora un dato certo.

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Pubblicato da
Gilda Fabiano