Ormai è chiaro che non esiste una cura ufficiale contro il Coronavirus. È altrettanto chiaro, nonostante gli esperti di tutto il mondo lavorino instancabilmente, che non potremo usufruire di un protocollo medico ufficiale prima di agosto. Nel frattempo i paesi si organizzano come possono per contrastare questo nemico invisibile. Una strategia che ha dato, numeri alla mano, ottimi risultati è stata quella Coreana, basata sul controllo della popolazione con metodi ai limiti della violazione della privacy dei suoi cittadini.
La Corea del sud infatti, paese appassionato e grande produttore di tecnologie, ha controllato individualmente i suoi abitanti con applicazioni che sfruttano la geolocalizzazione sugli smartphone. In sostanza controllano, vedono dove si dirige e chi sta incontrando il contagiato o presunto tale. L’app in questione comincia ad avvisare del rischio di incontrare il contagiato quando quest’ultimo si trova a 100 metri di distanza.
Come riferito da fonti istituzionali alla testata giornalistica nazionale Il Giornale, il governo Italiano, che in prima battuta non aveva nemmeno preso in considerazione questa eventualità sembra ci stia ripensando. Certo si tratta di una pratica che andrebbe in qualche modo a sconfinare nella violazione della privacy, trattandosi di una vera e propria pratica basata sul controllo di massa.
Nel DPCM del 9 marzo però, compare una deroga che riguarda le norme sulla privacy con conseguente raccolta di dati sanitari. Anche se non si fa nessun cenno su un controllo basato sulla geolocalizzazione può sembrare una prova iniziale. Se consideriamo una seconda prova evidente, il cerchio sembra chiudersi. Infatti, due noti esponenti della Bocconi e del Politecnico di Milano,
hanno presentato nei giorni scorsi un progetto di georeferenzazione pensato per sostituire l’autocertificazione cartacea attualmente in uso in Italia. Se poi pensiamo alla questione privacy, bisogna sottolineare che il progetto prevede di garantire l’anonimato, di non diffondere dati sul malato e di essere cancellati una volta guarito o terminata l’emergenza. Il problema privacy resta comunque molto alto e, nonostante il governo Israeliano avrebbe accettato immediatamente questo metodo, il governo Italiano è ancora molto incerto sull’utilizzo. Del resto le testimonianze parlano di un sistema di localizzazione ed informazione molto dettagliato. Immaginato un messaggio del tipo:” Un uomo di 30 anni del tuo quartiere è positivo, ha contratto il virus dal suo insegnante di pianoforte”. In zone non molto ampie dove la conoscenza è profonda tra gli abitanti, si potrebbe individuare molto presto la persona in questione. Il sistema Coreano in alcuni casi si spingerebbe anche ad usare la telecamera dello smartphone. Non vi sembra eccessivo?