Il controllo dei contatti tra persone contagiate, già malate o solo asintomatiche è uno degli strumenti per contenere la pandemia. Al Ministero dell’Innovazione si cercano soluzioni accogliendo progetti nell’ambito dell’iniziativa “Innova per l’Italia”, ma nel nostro paese si continua ad avere paura del virus.
Dopo aver superato i 70.000 contagi accertati, i 7.500 morti e gli oltre 3.500 pazienti in terapia intensiva, l’emergenza ha spinto il governo a dotarsi di idee e strumenti tecnologici per arginare la crisi. Come si legge in una nota del ministero:“l’obiettivo è individuare, nei prossimi giorni, le migliori soluzioni digitali disponibili sul mercato per app di telemedicina e strumenti di analisi dati, e coordinare a livello nazionale l’analisi, l’adozione, lo sviluppo e l’utilizzo di queste soluzioni e tecnologie per il monitoraggio e contrasto alla diffusione del Covid-19”.
Le soluzioni impiegate vanno dai data analytics, l’uso dell’intelligenza artificiale, e anche applicazioni che possano fornire un tracciamento dei focolai del virus. A modello saranno presi i metodi già visti nei paesi asiatici, con l’applicazione del cosiddetto “contact tracing” digitale sfruttando le compagnie telefoniche o gli stessi sensori degli smartphone.
Sul tavolo del Ministero ci sono proposte di privati come di centinaia di aziende interessate, per una partita che si gioca su più tavoli dove quello dell’emergenza sanitaria non è il principale.
E mentre tutti ritengono che la soluzione più semplice è cassare pagine e pagine di legge a protezione della privacy, come hanno fatto in Cina, uno voce autorevole ha dissentito sul contrasto al virus. La presidente del Comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb) Andrea Jelinek è stata perentoria dicendo che “anche in questi tempi eccezionali il responsabile del trattamento dei dati deve garantire la protezione dei dati personali delle persone interessate. I paesi devono trovare le misure necessarie, appropriate e proporzionate a una società democratica”.
Una proposta in valutazione riguarda l’app StopCovid19 sviluppata dall’azienda italiana Webtek. questo strumento propone alle autorità di ricostruire la rete di persone che potrebbero essere entrate in contatto con una persona infetta. Si basa sulla localizzazione GPS dello smartphone ma per avere efficacia serve una diffusione capillare su ogni telefono degli Italiani.
Un’altra app si chiama Sm_Covid19 ed è stata sviluppata dall’azienda SoftMining uscita dall’alveo dell’Università di Salerno. La sua tecnologia si basa sull’acquisizione dei dati provenienti da diversi sensori dello smartphone per costruire una rete dei dispositivi che ha incrociato. Ogni ora i dati aggregati vengono salvati su un server Google messo in condivisione con le autorità sanitarie.
Altra proposta proviene da Jakala, società specializzata nello sviluppo di tecnologie per il marketing, che ha creato l’app Geo-Crowd-Vid-19 con il Centro medico Santagostino, rete di poliambulatori specialistici. L’iniziativa si baserebbe principalmente sullo sviluppo di un’app nella quale ciascun cittadino può annotare il suo stato di salute in modo volontario, con un funzionamento che ricorda la tecnologia attualmente al vaglio delle autorità britanniche.
Di respiro internazionale è invece la proposta chiamata Coronavirus Outbreak Control, edita da un team di 14 esperti tra cui Stefano Quintarelli, imprenditore e membro del comitato europeo sull’Intelligenza artificiale. L’app sfrutta la tecnologia bluetooth per raccogliere i codici identificativi degli smartphone che rientrano nel suo raggio d’azione, inviando una notifica a chi si è trovato vicino a una persona infetta. Rispetto all’app di Singapore i dati vengono raccolti in modo centralizzato.