Gli ultimi due mesi sono stati, per quanto riguarda il prezzo del petrolio, una continua ed inesorabile discesa. Ormai si aggiorna costantemente il prezzo del greggio come si fa per i contagi da coronavirus. Al 31 marzo 2020 il prezzo ha toccato drammaticamente un minimo storico. Siamo scesi sotto i 20 dollari al barile.
Con le restrizioni domiciliari imposte dalla maggior parte dei Governi del pianeta la domanda petrolifera, che fino a pochi mesi fa si attestava intorno ai 100 milioni di barili al giorno, si è ridotta di un quarto. Gli analisti che seguono con preoccupazione l’andamento delle richieste di petrolio, sono tutti d’accordo sul fatto che questo crollo è decisamente superiore a quello provocato dalla crisi del 1929.
Fermare le trivellazioni comporterebbe una profonda crisi economica
Bloccare l’estrazione di petrolio porterebbe a un deterioramento dei giacimenti. Di fatto si “rovinerebbero” con enormi conseguenze e investimenti in denaro per riportarli a regime. Un altro problema da non sottovalutare riguarda la futura domanda di greggio. Non appena terminerà la pandemia il petrolio non basterà a sostenere la domanda che ricomincerà in modo forte e di conseguenza sarà troppo caro, creando forti contraccolpi alla ripresa. Si cominciano a registrare le prime chiusure tra cui Italia, Canada e Sudafrica.
In questa guerra dei prezzi i Governi stanno cercando di limitare in ogni modo i danni, pensando anche a quelli che sono gli scenari futuri. Come riporta Ilsole24ore, il Presidente Trump avrebbe telefonato a Vladimir Putin organizzando un colloquio tra i responsabili dell’economia dei due paesi. Tentativi in extremis per scongiurare future crisi economiche ma, comunque vada, una drastica riduzione della produzione ormai sembra certa.