Il 5G è ormai realtà, sia per le utenze business che per i privati. Già TIM e Vodafone hanno attivato le proprie offerte, dando la possibilità ai clienti di testare la rete di cui si parla ormai da un decennio ma che è divenuta centro del dibattito negli ultimi due anni.
D’altra parte persistono ancora molti dubbi sulla nuova connessione, che spesso sfociano in inutili allarmismi, pertanto è bene dare un taglio scientifico-medico alla trattazione di questo argomento per consentire agli utenti di essere correttamente informati in merito.
5G: un’analisi scientifico-medica per comprenderne le caratteristiche e le potenzialità
Anzitutto bisognerebbe parlare dell’inevitabilità del 5G: questa connessione serve, perché consentirà di raggiungere un livello superiore di integrazione fra reti e dispositivi, esigenza che al giorno d’oggi non si può ignorare. La potenza di questa rete, infatti, potrà supportare la connessione di decine di migliaia di dispositivi contemporaneamente, dando luogo a quello che si definisce “Internet of things“. Questa tecnologia infatti, estesa ad un più elevato numero di devices, andrà a coinvolgere oggetti inanimati che prima risultavano passivi, come ad esempio elettrodomestici e veicoli, ma anche altri che nel tempo si stavano digitalizzando, come smartwatch, impianti casalinghi e reti di sensori.
Le bande di frequenza utilizzate per assolvere a questo scopo corrisponderanno ad una nuova banda da 3.6 GHz e diverse bande attorno ai 25 GHz, portando quindi la connessione per le aziende a raggiungere picchi di 1 Gb/s, con latenza di 10 ms. Questo ha destato notevoli preoccupazioni riguardo una possibile cancerogenità delle onde radio.
In realtà, benché l’AIRC abbia classificato l’esposizione ai campi magnetici come un “possibile (e non probabile) cancerogeno” nel 2011, dall’analisi su numerosi studi si è riscontrata solo una debole correlazione positiva per glioma e neurinoma dell’acustico e nessuna evidenza di correlazione per altri tipi di tumori. Precisando che “debole correlazione positiva” vuol dire che ci potrebbe essere un’ipotetica casualità tra esposizione e insorgenza di queste patologie, che però non consente di escludere questa come concausa. Pertanto si definisce possibile anziché probabile, che invece attesta un più alto rischio certificato.
Inoltre, è bene considerare che nonostante molti pensino il contrario, l’esposizione alle onde dei ripetitori 5G sarà inferiore: questo dipende dalla maggiore uniformità delle reti di ripetitori sul territorio. Le frequenze utilizzate, infine, sembrerebbero meno penetranti in termini di SAR (Specific Absorption Rate) rispetto all’organismo umano. D’altra parte, è comunque complesso valutare questo discorso a priori: sarà il tempo e l’utilizzo ad evidenziare ulteriori dettagli da considerare in questa analisi.