C’era una volta nel cuore della Via Lattea una stella, così terribilmente attratta da un buco nero da innamorarsene e disegnare un rosone intorno ad esso. Che si tratti dell’inizio di una fiaba? Non esattamente. Quella che raccontiamo è la storia di un’osservazione che dura da lungo tempo e che vede S2, la stella in questione, orbitare intorno a Sagittarius A*, il buco nero, percorrendo un “strada” che risponde perfettamente ai calcoli della Teoria della Relatività di Einstein.
Ad aver attratto l’attenzione degli scienziati verso S2 pare sia stata proprio l’orbita che questa disegna e che ha confermato la vicinanza del buco nero: infatti la capacità attrattiva di quest’ultimo ha distorto il percorso di S2 che non descrive un movimento ellittico ma delinea un’immagine simile ad un rosone. Una visione non solo romantica, ma soprattutto importante a livello scientifico perché calcolabile dalla teoria del fisico tedesco, nonostante sia trascorso più di un secolo.
Einstein e la sua teoria in grado di prevedere il “viaggio” delle stelle.
S2 è una sorvegliata speciale da circa 30 anni. Ad occuparsi di osservare la stella ed il suo comportamento deviato da Sagittarius A*, un team internazionale di astrofisici del Very large telescope dell’Eso, in Cile. Dopo tre decenni di studio, gli scienziati hanno potuto evidenziare come le previsioni fatte utilizzando la Teoria della Relatività siano state confermate dall’orbita disegnata da S2. La stella impiega circa 16 anni per compiere un’orbita completa intorno al buco nero ed ogni volta che si avvicina a Sagittarius A* S2 modifica leggermente il suo percorso volteggiando nell’universo quasi a disegnare tanti petali di un grande rosone.
Ancora oggi, dunque, nessuno è mai riuscito a smentire i calcoli sulla gravità descritta dalla Relatività, nonostante questa teoria sia del lontano 1916. A confermarlo ulteriormente un esperimento del 2016, che vide alcuni scienziati predire il viaggio della luce di una stella esplosa proprio mettendo in pratica le formule della teoria einsteiniana: il risultato fu quello di assistere quasi ad un replay di ciò che accadde milioni di anni luce prima, calcolando esattamente come e quando queste radiazioni luminose sarebbero arrivate sino a noi.