La preoccupazione di vedere la propria salute messa a repentaglio dai dispositivi tecnologici si è fatta sempre più importante nell’ultimo periodo. Con la diffusione di teorie e fake news in merito alle reti di quinta generazione, anche le radiazioni emesse dagli smartphone sono tornate in voga e ad essere teatro di diverse speculazioni, soprattutto per chi cerca di lucrare sulla paura degli utenti. Per fortuna, oggi, esistono potenti strumenti di ricerca accessibili a tutti e che permettono a chiunque sia interessato di poter trovare la verità in pochi secondi.
Per poter rispondere alla domanda sopracitata, bisogna fare affidamento a fonti ufficiali e autorevoli: per questo motivo oggi noi useremo i dati dell’AIRC per poter spiegare al meglio al situazione.
Anzitutto bisogna appurare che ogni smartphone produce delle radiazioni in determinati momenti di utilizzo: queste ultime sono classificate come “non ionizzanti” in quanto non possono provocare mutazioni genetiche del DNA. A differenza dei Raggi X e dei Raggi Gamma, le emissioni dei telefonini sono dunque innocue per l’essere umane ma debbono essere tenute sotto controllo in ogni caso.
Al fine di effettuare quest’ultimo passaggio, quindi, sono stati posti dei limiti che devono esser osservati obbligatoriamente da tutti i produttori di smartphone, altrimenti i loro prodotti non possono essere immessi sul mercato telefonico; tra questi vi sono i “valori SAR” (tasso d’assorbimento specifico) che impongono un limite di 2 watt per chilogrammo, tasso sopra al cui potrebbe verificarsi il surriscaldamento dei tessuti muscolari.