Dopo oltre 17 giorni, le fiamme arrivano a lambire la ex centrale nucleare di Chernobyl, teatro di uno dei più grandi disastri della storia dell’umanità. L’emergenza che sta impegnando ingenti risorse in Ucraina è passata in sordina rispetto alla pandemia globale che imperversa sul nostro pianeta.
Tuttavia la situazione nei pressi della zona di esclusione è critica ed è documentata giornalmente dall’attivista Yaroslav Yemelianenko. I suoi video così come quelli di alcuni residenti testimoniano il dramma di una situazione che attualmente non si riesce a contenere.
Chernobyl: le fiamme riaccendono la paura della popolazione
I dati forniti da Greenpeace Russia sono sconcertanti, oltre 40 mila ettari sono ad oggi colpiti dalle fiamme. La situazione sembrava essersi leggermente calmata nel corso dei giorni scorsi con le piogge che avevano dato una mano al personale impegnato nell’emergenza. Tra il 16 e 17 aprile però la situazione si è riaccesa con ancora più vigore e nei prossimi giorni a causa delle condizioni meteo favorevoli si potrebbe assistere ad un netto peggioramento.
L’area interessata è talmente vasta da raggiungere i limiti della zona di esclusione. Gli incendi sembrerebbero più gravi ad una distanza di sicurezza, il che al meno per il momento escluderebbe il rischio di raggiungimento dell’ex centrale nucleare.
Quello che preoccupa esperti e operatori sanitari è però il rischio di fallout radioattivo. I venti hanno infatti portato il fumo nei pressi di Kiev ed alcune città russe. Considerati i valori di Cesio 137 rinvenuti nell’aria si profila un rischio importante per moltissimi abitanti dell’est Europa.
Il problema è la mancanza di una posizione politica forte sulla questione. Così come accadde nel 1986 infatti è proprio il governo a non assumersi le proprie responsabilità, sminuendo il problema. Il direttore del dipartimento per le emergenze Volodymyr Demchuk avrebbe infatti escluso qualsiasi conseguenza per i cittadini di Kiev visto il basso valore di radionuclidi nell’aria.
Della medesima idea è anche il ministro della salute ucraino, Illia Yemets, mentre in Bielorussia la situazione è ancora peggiore. Il presidente Aleksandr Lukashenko considera infatti il problema come non suo, e lo affronta esattamente come l’emergenza Coronavirus, consigliando di bere vodka.
Il rischio c’è ed è concreto, come testimoniano anche i dati raccolti da moltissime associazioni. Gli incendi hanno liberato nell’aria l’8% del Cesio 137 emesso durante l’incidente del 1986, aumentando di fatto il rischio di tumori, trombosi, ictus e infarti anche in tenera età.
Purtroppo ancora una volta sembra che l’uomo non sia in grado di imparare dalla storia ed in particolar modo dai suoi errori del passato. L’ennesima noncuranza potrebbe portare alla morte di moltissimi altri innocenti, replicando quanto già visto durante l’incidente di Chernobyl.