Nonostante l’app Immuni non è obbligatoria, alcuni scienziati italiani hanno denunciato che queste misure di controllo via smartphone minacciano fortemente il diritto alla privacy. L’opinione pubblica non ha più una posizione monolitica sull’argomento, poiché in molti sono disposti a sacrificare la protezione della loro vita privata in cambio di un ritorno alla normalità.
Tuttavia gli scienziati ricordano che i primi progetti di applicazioni per il tracciamento delle persone erano in qualche modo rispettose della privacy, mentre ora sembra che l’app Immuni non sia più allineata alle premesse. In gioco c’è molto e forse non ce ne rendiamo conto.
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La preoccupazione del mondo scientifico si basa sulla prospettiva futura di questa massiva violazione del diritto alla privacy ci farebbe ricadere in anni bui in cui la protezione dei dati personali era una chimera. Tra i ricercatori che hanno denunciato la questione attraverso una lettera aperta c’è Dario Fiore, il quale afferma in un’intervista:“Solo un sistema decentralizzato impedirebbe un domani di usare queste informazioni nel modo sbagliato”.
Infatti, sul tavolo c’è la questione dei dati archiviati in questo periodo i quali dovrebbero essere raccolti in forma anonima e poi subito cancellati alla fine della pandemia. Un evento che accadrebbe sicuramente se le banche dati fossero gestite in maniera decentralizzata, mentre sappiamo che tutto avverrà nell’esatto modo contrario.
Una situazione che se sfuggisse di mano in seno al Governo potrebbe catapultarci in quel “1984” di George Orwell, romanzo in cui un non precisato e antesignano Grande Fratello controllava ogni aspetto della vita degli individui. Letteratura a parte, sembra comunque chiaro a tutti che questa pandemia avrà implicazioni socio-culturali maggiori di quanto potessimo prevedere qualche mese fa.
E voi da che parte state?