Secondo gli esperti della testata The Economist presto gli extraterrestri potrebbero davvero mettersi in contatto con noi umani, e il sostrato di questa affermazioni è il fatto che nell’ultimo decennio le tecnologie sono migliorate nettamente. Grazie alla micro tecnologia e alla creazione di nuovi materiali abbiamo telescopi migliori e computer con capacità di calcolo infinite.
Proprio grazie ai dati raccolti dalle osservazioni astronomiche abbiamo potuto scoprire migliaia di esopianeti che orbitano intorno a stelle diverse dal Sole, e tra questi ne abbiamo individuato almeno 2.000 che stazionano nella “zona abitabile”. Dunque cosa ci manca per comunicare con gli extraterrestri? Secondo gli scienziati l’indizio più affidabile dell’esistenza di forme di vita intelligenti nello spazio è la presenza di segnali radio innaturali.
Secondo l’astrofisico russo J.S. Sklovskij:“una prima vera impronta inconfondibile della presenza di una civiltà tecnologica su un esopianeta sarebbe proprio la dispersione di energia elettromagnetica dovuta alle comunicazioni locali utilizzate nelle trasmissioni radio, televisive, via satellite e radar
“.Negli anni 2000 il Centro di ricerca SETI di Berkeley in California cercò di chiudere il cerchio sull’argomento, e l’astrofisico Andrew Siemion ha affermato:“questo, per quanto ne sappiamo, è un indicatore inequivocabile della tecnologia e un indicatore inequivocabile della vita“. Si spera infatti che la sonda americana Keplero lanciata nel 2009, progettata per cercare esopianeti, riesca anche a captare segnali radio innaturali.
Con il progetto multimilionario Breakthrough Listen del 2015, finanziato dall’imprenditore Yuri Milner, una dozzina di grandi osservatori radio in tutto il mondo esamineranno un milione di stelle tra la Via Lattea e le altre galassie più vicine come Andromeda. Secondo Milner, Breakthrough Listen può raccogliere una quantità di dati enorme in un solo giorno anziché un anno, l’unica cosa è avere il tempo di processarli.
Parallelamente l’America’s National Radio Astronomy Observatory ha impiegato il telescopio Very Large Array nel Nuovo Messico sullo stesso obiettivo. Insomma, prima o poi le nostre tecnologie saranno in grado di stabilire un contatto, finalmente oltre la sola fantascienza.