Far fronte all’emergenza sanitaria in corso ricorrendo all’utilizzo della tecnologia e, più nello specifico, di app realizzate ad-hoc per il monitoraggio della diffusione dell’epidemia. E’, questo, uno dei temi al centro del dibattito italiano e attorno al quale ruotano opinioni contrastanti. C’è chi teme che l’utilizzo di queste app possa in qualche modo ledere la privacy dei cittadini, e chi sostiene, invece, che il tracciamento degli spostamenti possa ritenersi giustificato e tollerato se effettuato per una giusta causa, che è quella della salvaguardia della salute personale e delle persone che ci sono accanto, nonché il contenimento stesso del contagio.
Tuttavia, nonostante i numerosi dubbi sulla privacy, pare che gran parte degli italiani sia disposta ad utilizzare le app per il tracciamento del contagio, tra cui anche la tanto discussa app Immuni. Ciò risulta da un’indagine condotta da Altroconsumo in merito merito all’utilizzo di applicazioni per la gestione dell’emergenza Covid-19. L’indagine ha coinvolto 1.132 soggetti di età compresa fra i 18 e i 74 anni.
Dai dati è emerso che circa il 20% dei partecipanti ha già scaricato sullo smartphone una delle app disponibili, mentre il 55% è intenzionato a farlo. La maggior parte degli utenti utilizza app che offrono informazioni sul virus (64%) e statistiche sul contagio (62%). Quasi il 40% sostiene di aver scaricato app che richiedono la condivisione dei dati personali, ed il 28% ha acconsentito alla geolocalizzazione.
Inoltre, è emerso anche che per alcuni tipi di app le persone sono disposte a rendere nota la propria identità: la maggior parte degli intervistati, infatti, sarebbe disposto ad utilizzare un’applicazione che dimostri l’immunità dal coronavirus
sia in forma anonima (64%) che non (52%). Nel caso in cui fosse obbligatorio per i positivi al virus scaricare un’app per l’accertamento del rispetto della quarantena, il 65% degli intervistati sarebbe favorevole all’utilizzo in forma anonima e il 51% anche rendendo nota l’identità.Altroconsumo ha indagato anche sulla disponibilità a dare accesso ai propri dati personali al fine di contribuire a combattere l’emergenza sanitaria. In relazione a ciò, il 68% degli italiani sostiene che l’uso di dati personali possa essere di grande aiuto per controllare la diffusione del virus, ma il tema della privacy continua a destare dubbi. L’84% degli intervistati, infatti, ritiene che i dati non siano mai realmente anonimi e che in qualche modo sia sempre possibile risalire alla fonte di quei determinati dati, e quindi all’utente. Si spera, dunque, in una tecnologia che utilizzi i dati privati garantendo e rispettando al tempo stesso la privacy degli utenti.
Nonostante ciò, più della metà degli intervistati sarebbe d’accordo con la raccolta in forma anonima dei dati GPS da parte delle compagnie telefoniche, al fine di tracciare i comportamenti nella mobilità delle persone. Il 30% lo farebbe anche rinunciando all’anonimato. Alla domanda “Se le autorità richiedessero il download di una app richiedendo l’accesso a informazioni sui movimenti e la geolocalizzazione, cosa faresti?”, il 22% ha risposto che la scaricherebbe solamente se fosse obbligatorio, mentre il 40% lo farebbe anche in mancanza di una imposizione. Di questi l’85% terrebbe l’applicazione sempre attiva.