Esistono casi in cui le banche italiane possono ottenere la chiusura su richiesta del conto corrente verso il cliente. A disporre tale manovra non è il diretto interessato ma le autorità competenti in materia finanziaria. Secondo la nuova normativa gli istituti sono obbligati ad accogliere le richieste di Magistratura e Guardia di Finanza a seguito di indagini.
La questione presentata in Commissione Finanze del Senato dal Ministero dell’Economia Alessio Mattia Villarosa ha chiarito la nuova posizione sul preavviso in caso di cessazione del rapporto. In tali condizioni, infatti, il diretto interessato è chiamato in causa ma si agisce senza troppe formalità attraverso il blocco dei conti. Ecco quando e come avviene.
Banche obbligate a bloccare i conti correnti dei clienti
La procedura vincola le banche a lasciare una raccomandata di notifica al cliente con temporalità di almeno 15 giorni prima degli interventi di verifica delle autorità. Si tratta di un documento che appone riconosciute motivazioni per procedere all’analisi finanziaria sul conto del cliente.
In tal caso la banca può pignorare il conto in caso di indagine per reato finanziario oppure nel caso in cui vi siano comprovate mancanze di liquidità per ordini di pagamento ricevuti. Un articolo del Codice Civile sancisce che:
“Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l’utilizzazione del credito. La banca però deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.”
Comma che si integra con quanto ascritto nel col codice del consumo che dice: “Se il contratto abbia ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, il professionista può recedere dal contratto. Qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, darà immediata comunicazione al consumatore.”