Nel periodo più critico della storia repubblicana (come in molti l’hanno definito a giusta ragione), molti cittadini si sono ritrovati senza lavoro o con stipendi ridotti a causa del lockdown, con entrate decimate ma identici carichi di spesa mensile per bollette e beni essenziali.
Chi dalla pandemia ha tratto vantaggio, invece, sono proprio i fornitori delle materie prime indispensabili per il sostentamento: a questo proposito, è in corso un’indagine dell’Antitrust per verificare se ci sono gli estremi per parlare di speculazione.
Una mossa meschina a danno dei più deboli, che a causa dell’emergenza sono diventati ancor più vulnerabili. Il capo d’imputazione sarebbe da ricercare nell’aumento ingiustificato dei prezzi per una serie di beni essenziali, rincari da 10 a 50 centesimi al pezzo o al chilo (a seconda di cosa si prende in considerazione).
A finire nel mirino dell’Antitrust sarebbero alcuni centri facenti capo ai gruppi Carrefour, Conad, Coop e anche Lidl.
Nello specifico, per Conad si parla di alcune cooperative Conad Sicilia e Conad Nord-Ovest. Anche Coop annovera alcune cooperative sottoposte ad accertamenti, ossia Coop Firenze, Coop Tirreno, Coop centro-Italia e Coop Liguria.
Francesco Pugliese, AD Conad, prova a spiegare il fenomeno adducendo una serie di giustificazioni, basando le proprie argomentazioni sulla scelta di molte famiglie di comprare prodotti preconfezionati – per farli durare più a lungo – al posto di prenderli direttamente al banco del fresco. Questi prodotti notoriamente sono più costosi degli equivalenti al banco, spiega, e molti cittadini potrebbero aver avuto l’impressione di spendere di più per la stessa merce.
Ma all’Antitrust questa spiegazione non basta, e le indagini proseguiranno per capire se si profila la necessità di intervenire con eventuali sanzioni.