Nel lontano 750 a.C. e il 500 a.C giunse in Mesoamerica (ad oggi costituita dalle pianure del nord, che comprendono la penisola dello Yucatán, dagli altopiani della Sierra Madre, che si estendono dallo stato messicano del Chiapas verso tutto il sud del Guatemala e in El Salvador, e dalle pianure meridionali del litorale del Pacifico) una popolazione chiamata Maya. Questi si caratterizzarono e differenziarono dagli altri per le grandi coltivazioni di mais, fagioli, zucche e peperoncini. Ma anche per le architetture monumentali, per i raffinati sistemi matematici e astronomici, e per la scrittura. La popolazione viene ancora ricordata per il calendario gregoriano, secondo il quale nel 21 dicembre del 2012 sarebbe dovuta avvenire la fine del mondo.
D’altro canto, anche Ezechiele è rimasto del tutto attuale nel 2020. Il profeta e autore dell’omonimo Libro nacque verso la fine del regno di Giuda, intorno al 620 a.C. Come si può evincere dal testo biblico, egli ricevette delle profezie complesse ed fu in grado di vedere gli eventi che si verificavano a Gerusalemme, pur essendone lontano quasi 2.000 km.
I maya scrissero nel loro calendario l’arrivo della fine del mondo nel 21 dicembre del 2012, ma non solo. Essi motivarono la fine del genere umano per via di catastrofi naturali che avrebbero interessato tutto il mondo. In aggiunta accennò la fine dell’umanità nel corso del mese di luglio. Non è proprio sbagliata come considerazione, calcolando che il 2020 si è differenziato dagli altri per via delle catastrofi naturali quali terremoti, incendi in Australia e pandemie. Fortunatamente però i Maya si sbagliavano.
Ezechiele invece affermò che la fine del mondo sarebbe giunta nel momento in cui saremmo riusciti a trovare pesci vivi nel Mar Morto (lago con percentuale di salinità superiore al 37%). Stando ad alcune foto scattate da un fotoreporter, la parola del profeta si sarebbe in parte avverata. Ciononostante il genere umano è ancora in piedi.