Il nuovo provvedimento che prevede la memorizzazione dei dati delle fatture elettroniche per un periodo di otto anni è stato bocciato dal garante della privacy. La nuova norma entra in vigore con il decreto Fiscale n. 124/2019 con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale sull’IVA. Il garante per la privacy però, nel provvedimento emanato il 9 luglio 2020, ha definito le nuove norme per la lotta all’evasione fiscale eccessive per uno “stato democratico”.
Ma non è la prima volta in cui l’organo per la tutela dei cittadini si esprime in modo critico; la nuova norma, definita più volte sproporzionata. Stando all’analisi del garante le misure di memorizzazione adottate finiscono per conservare dati non fiscalmente rilevanti, relativi alla descrizione delle prestazioni fornite.
Fatture elettroniche: le motivazioni del garante della privacy
I nuovi controlli proposti creano di fatto un controllo totale sia sulle attività che sulle spese dei contribuenti. Per questo il garante della privacy ha definito sproporzionati i nuovi strumenti di controllo.
Le nuove norme proposte dall’agenzia delle entrate, stando all’analisi del garante sono in violazione degli: “Articoli 5, par. 1., lett. a), 6,par. 3, 9,10, 24 e 25 del GDPR riguardante, peraltro senza distinzione alcuna tra tipologie di informazioni o categorie di interessati e dati personali di dettaglio, anche ulteriori rispetto a quelli necessari a fini fiscali, relativi alla totalità della popolazione, non proporzionato all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito, non individuando, in osequio ai principi di privacy by design e by default, misure di garanzia adeguate per assicurare la protezione dei dati, anche in relazione a quelli di cui a gli arti. 9 e 10 del Regolamento.2