Un recente studio pubblicato sulla celebre rivista Scientific Reports dimostra come gli elementi radioattivi liberatisi nell’atmosfera nel 1986 siano ancora presenti in concentrazioni elevate anche in Italia e più precisamente nella zona settentrionale. Stessa cosa vale per Alsazia, Francia orientale e Germania meridionale. Gli esperti assicurano:
“Si tratta di concentrazioni che non hanno alcun effetto dannoso su ambiente e popolazione, ma è importante conoscerle”.
L’ultimo rapporto ufficiale evidenzia radiazioni contenute attorno all’area settentrionale dell’Italia. A rendere noti i risultati sono stati i ricercatori coordinati da Katrin Meusburger, dell’università svizzera di Basilea.
“Sapere come varia sulla crosta terrestre il livello di radioattività è sempre importante anche per vedere differenze dovute a eventuali incidenti nucleari. Bisogna sapere quali sono le zone dove ci sono più elevate concentrazioni di radionuclidi è importante – ha aggiunto – per gli effetti sul ciclo vitale degli esseri umani. In quelle aree potremmo non coltivare o non far pascolare, ma questo problema riguarda solo l’area di Chernobyl”.
Secondo l’Istituto francese di radioprotezione (Irsn) le possibili ricadute dovute al disastro influiscono solo per l’1% sul livello generale di radioattività percepita in Francia. Una mappa che si estende però anche a Svizzera, Francia, Italia, Germania, e Belgio. La ricostruzione cartografica si basa sui testi di 160 campioni provenienti dalla banca europea del campione di suolo. Ultimamente la risoluzione spaziale è migliorata (di 500 metri) rispetto alle precedenti mappe di riferimento. Il nuovo metodo di calcolo contribuisce inoltre ad offrire un’approssimazione migliore sui livelli cesio – plutonio che consentono di definire al meglio l’area di origine.