Gli strumenti della chimica computazionale sembrano essere estremamente utili per studiare i complessi di oro, come ad esempio il composto metallorganico Auranofin, i quali possono essere attivi per combattere il Coronavirus. A quanto pare, questi complessi possono essere utilizzati subito in quanto sono già stati usati contro l’artrite reumatoide. Questo è l’obbiettivo primario del progetto ricerca “Gold(I/III) metal-drugs in the treatment of covid-19 pandemic“, coordinato da Massimiliano Arca insieme ad altri importanti collaboratori, come docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università degli Studi di Cagliari.
Coronavirus: gli atomi dell’oro possono davvero essere utili per sconfiggere il Coronavirus?
Il supporto di SCAI (SuperComputer Applications and Innovation) e il dipartimento di calcolo ad alte prestazioni del Consorzio interuniversitario per il calcolo automatico, sarà estremamente importante per portare avanti le attività intraprese da questi esperti. Il budget messo a disposizione per gli esperti è di 30mila ore sul nuovo server di supercalcolo Marconi 100, il quale è stato inaugurato poco tempo fa per far sì che si potesse finalmente iniziare una ricerca su possibili soluzioni utili a placare la pandemia da Coronavirus.
La potenza di picco sembra essere davvero considerevole: circa 32 Pflop/s ed è fra i supercomputer più potenti di tutto il pianeta (al nono posto nella top 500 mondiale, al secondo in Europa e primo in Italia). Il progetto sembra che si estenda su una più vasta ricerca sperimentale condotta dal gruppo la quale prevede la sintetizzazione di nuovi complessi metallici e lo studio circa la loro possibile applicazione quali farmaci antimicrobici e antitumorali.