Il pignoramento si configura come una manovra che ha come scopo il recupero crediti nell’ipotesi in cui il contribuente si dica reticente a procedere spontaneamente. Si applica indistintamente a beni mobili ed immobili e spesso vede la compartecipazione delle Banche in ogni fase del processo.
A prendere le redini della situazione è stavolta l’Agenzia delle Entrate in ottemperanza alle nuove norme definite all’interno della Riforma Fiscale 2020. La nuova stesura del documento impartisce ordini ben precisi per quel che concerne il piano fiscale. Con lo scopo di arginare il deficit pubblico si mettono in atto nuove disposizioni contro il cattivo pagatore. Ecco le ultime novità.
Pignoramento dei conti in banca: cosa può succedere
Mentre la disquisizione in merito all’abuso di potere delle banche assume una nuova prospettiva il Fisco ne approfitta per cementare il suo ruolo dominante nelle contese economiche contro gli italiani. Con un deficit stimato del 9% su base annua lo Stato si trova in difficoltà e non è tempo per concedere ulteriori sconti agli italiani che non pagano le tasse.
Nelle ipotesi di bancarotta fraudolenta dovuta a scarsa liquidità ed evasione fiscale l’autorità è legittimata a procedere con ogni mezzo per onorare i debiti contratti. Secondo le più recenti disposizioni un ordine della Guardia di Finanza può sopraggiungere in relazione ai controlli degli estratti conto per carte di credito, prepagate e conti in banca. Al cliente vengono concessi 60 giorni di tempo per procedere ai pagamenti in forma spontanea. Tempistica decorsa la quale si prevede un’azione unilaterale ad individuazione della necessaria liquidità sulla base dei passati movimenti e delle giacenze medie maturate.
Il contribuente giunto a questa fase non ha modo di opporsi alla decisione venendo meno l’azione di un Giudice di Pace e del Prefetto che non hanno più voce in capitolo nelle contese debitorie. La procedura inasprisce e rafforza così il ruolo dell’Agenzia delle Entrate.