Tanti economisti sconsigliano di lasciare i soldi nel conto corrente per tutta una serie di validi motivi il primo dei quali è rappresentato dai controlli fiscali che fanno scattare il regime di tassazione. Una liquidità di 10.000 Euro è diversa da una liquidità di 50.000 Euro. Le imposte richieste in questo ultimo caso possono essere di molto maggiori. Ma non è l’unica ragione valida. Ecco quali possono essere le altre.
Una perdita di denaro minima è verificabile nell’ipotesi in cui si mantengano quote di denaro superiori ai 5.000 Euro annui. Questo è il caso della giacenza media maturata al di fuori dell’imposta di bollo. Fino a tale limite il risparmiatore non è soggetto ad imposizioni fiscali ma oltre questo limite si richiedono 34 euro all’anno.
Anche la procedura di inflazione spaventa i correntisti. Non è cosa da sottovalutare considerando che nel 2017 il prezzo di beni e servizi registrato è stato dell’1,2% per un risparmio ai correntisti valso circa lo 0.8%.
La procedura di pignoramento si è rafforzata per effetto delle disposizioni contenute nella Riforma Fiscale del 2020. Sono proprio i soldi liquidi presenti sul conto che attirano il Fisco in presenza di debiti. Rappresentano, quindi, l’anello debole della catena ed una pesante arma a doppio taglio per i risparmiatori.
In queste settimane, oltretutto, cresce la paura a causa della pressante crisi economica. Ad incutere terrore è una ipotetica imposta patrimoniale voluta con lo scopo di fronteggiare il deficit dello Stato a speso dei più abbienti. Argomento che è stato trattato in maniera più approfondita al link precedente, dove sono state esposte le dichiarazioni ufficiali del Ministero dell’Economia.