Gli smartphone così come la stragrande maggioranza di tutti i dispositivi elettronici basa il proprio funzionamento su circuiti stampati, i quali si avvalgono di metalli per permettere la conduzione di elettricità, tra questi abbiamo anche metalli preziosi o comunque di grande interesse come: Oro, Argento, Platino, Alluminio, Rame e Ferro.
Fino a poco tempo fa, estrarre l’oro dai vecchi smartphone sembrava un’assurdità, spesso infatti si affermava che i piccoli device fossero un miniera d’oro ma più per rivenderli a terze parti attraverso annunci online.
Come se non bastasse in passato il processo per estrarre l’oro dai dispositivi elettronici era costoso e molto arduo oltre che tossico, infatti bisognava adoperare un pool di acidi per sciogliere tutti i metalli e poi procedere attraverso altri reagenti per far precipitare l’oro da recuperare in un secondo momento.
L’estrazione al giorno d’oggi
Una ricerca portata avanti dall’Università di Edimburgo, Regno Unito, ha sviluppato un processo chimico che separa l’oro dagli altri metalli meno ricercati, infatti nell’estrazione bisogna tener conto che ad esempio il Rame supera di 800 volte la quantità d’oro, ergo è meglio sviluppare un processo che discrimini tra i metalli.
Il processo sviluppato dall’Università sfrutta l’idrolisi acida per sciogliere i metalli contenuti nelle schede dei dispositivi, dopodiché si adopera un liquido oleoso contenente un composto chimico che porta a termine l’estrazione del metallo prezioso, facendo precipitare il metallo prezioso.
Si tratta di un processo decisamente più eco-friendly, dal momento che, delle circa 300 tonnellate di oro utilizzate nei dispositivi elettronici ogni anno, almeno il 7% finisca nei rifiuti, i quali attualmente per essere recuperati finiscono in in Ghana o Bangladesh dove vengono fatti a pezzi per poi procedere al recupero con pratiche decisamente meno inquinanti di quella descritta sopra.