Le radiazioni partite dal Reattore 4 di Chernobyl nel lontano 1986 sembra possano essere state contenute non per azione della cementificazione dell’area ma per la presenza di uno strano fungo. La natura ha evitato l’estinzione del genere umano per una situazione che si sarebbe potuta configurare come distruttiva per tutta la popolazione della Terra.
Secondo gli eminenti esperti dell’Università di Stanford il merito del contenimento scorie va al Cladosporium sphaerospermum. Secondo quanto diramato per via del tutto ufficiale sul prestigioso Scientific American si tratta di un agente biologico protettivo. Per sue caratteristiche fisico-chimiche è in grado di bloccare gli effetti indesiderati dei fattori ionizzanti. Viene studiato ed usato su pazienti malati di cancro sottoposti a radioterapia, ingegneri ed anche piloti di compagnie aeree. Scopriamo le ultime novità.
Chernobyl, altro che disastro: siamo tutti vivi grazie ad un fungo quasi magico
Le proprietà auto-rigenerative e curative del fungo magico hanno preservato parte dell’ecosistema terrestre limitando l’azione delle componenti dannose nella zona attorno all’area nucleare del confine ucraino-bielorusso. In Italia si registra soltanto l’1% di incidenza sul dato delle radiazioni così come nel resto dell’Europa Centrale. Tutto merito del micete che ha funto da scudo contro la deleteria distribuzione degli agenti contaminanti.
Secondo gli scienziati basterebbe una porzione di fungo lunga appena 21 centimetri per assorbire il 98% delle radiazioni su Marte generate in un intero anno solare. Condizione rimarcata anche da Nils Averesch dell’università di Stanford – tra le pagine del New Scientist – dove spiega:
“È già stato in grado di assorbire i dannosi raggi cosmici sulla Stazione Spaziale Internazionale. Potrebbe essere potenzialmente utilizzato per proteggere le future colonie di Marte”.
Clay Wang dell’Università della California del Sud ha concluso confermando che:
“I progressi nell’uso dei poteri dei funghi per scopi medicinali sono stati graduali, ma sono stati potenziati negli ultimi anni da uno studio in corso che ne ha visto inviare campioni nello spazio. Coltivandolo nella Stazione Spaziale Internazionale, dove il livello di radiazione è aumentato rispetto a quello sulla Terra”.
Sembra che in fondo ci sia finalmente speranza di popolare il Pianeta Rosso. Vedremo a quali conclusioni giungeranno gli studiosi dopo questa sensazionale nuova scoperta scientifica.