Sulla base delle teorie del famoso astrofisico si sono gettate le basi per missioni spaziali volte ad accertare la vivibilità su esopianeti, ovvero posti esterni al nostro sistema solare le cui caratteristiche siano idonee alla vivibilità dopo la colonizzazione. Ciò si è configurato come il sogno di parecchi scienziati ma le variabili in gioco sono tante e sono significative.
Sappiamo, infatti, che l’uomo non può vivere come unità indipendente ma ha bisogno di interagire con micro organismi come funghi e batteri oltre che con flora e fauna. Serve un ecosistema ben strutturato
che crei i giusti presupposti per un contesto di biodiversità. Detto in altri termini c’è bisogno di consolidare un ecosistema in cui le parti stabiliscano un rapporto interdipedente di specie. Riusciamo a vivere la nostra vita grazie all’interazione con altre forme di vita. Le piante, ad esempio, garantiscono il ricambio di ossigeno per mezzo della fotosintesi. Rompere questo imprescindibile legame di dipendenza genera una dissociazione dell’ecosistema e della vita stessa.Massimi esperti della “Teoria della Vita” e scienziati ritengono che il Pianeta A (la Terra) sia l’unico ecosistema ideale per le relazioni vitali. Sembra non sia possibile (e consigliabile) risolvere i nostri problemi creandone altri su altri Pianeti. Non sembrano esserci alternative. L’unico Pianeta vivibile resta il nostro e dobbiamo prendercene cura. Ma c’è chi crede anche nella possibilità di spingersi oltre come Elon Musk, ad esempio, che ha da tempo intrapreso la sua personale crociata verso la colonizzazione dello spazio extra terrestre.