Sono tante le persone che preferiscono tenere i propri soldi in banca. Una scelta che si riduce all’uso di conto corrente, carta di credito, prepagate, assegni ed applicazioni per smartphone. Il futuro passa per la gestione digitale del denaro accompagnata da una progressiva sparizione dei contanti.
Nonostante la nuova moda si devono considerare gli effetti di una tassa nascosta che scatta nel momento in cui si decide di vincolare i risparmi a lungo termine con le proprie utenze bancarie. La volatilità dei mercati e l’incertezza economica giocano a sfavore dei risparmiatori che continuano a perdere soldi con avvenente regolarità. Ecco perché una scelta del genere può rappresentare un grave errore.
Soldi in banca e sul conto corrente: stai commettendo un errore fatale
Un conto poco movimentato ed una gestione limitata del denaro confermano una contrazione del valore per l’accumulo di cifre importanti o meno per lunghi periodi di tempo. In Italia si stimano 1.500 miliardi di euro in fermo deposito presso le banche più famose. La tendenza alla stasi finanziaria in conti non fruttiferi è ben radicata entro i nostri confini come anche in Europa, dove una recente analisi della Autorità Bancaria Europea (l’Eba – European Banking Authority) concede la vista su 10.000 miliardi di euro parcheggiati in conti correnti e carte di credito.
Il trend è deleterio in quanto il potere di acquisto della moneta si erode a causa del tasso di inflazione. Questo cagiona il valore dei soldi determinando una marcata differenza sul futuro valore dei depositi rispetto al passato ed al presente. Ciò conferma una sorta di tassa non percepibile.
La prima regola di un investitore navigato è quella di mantenere quanto più alto possibile il valore della moneta affinché non si incorra nell’ipotesi di una patrimoniale da inflazione che ha come effetto una contrazione delle somme depositate e mantenute inerti.
Per tali motivi è buona idea considerare una movimentazione periodica dei soldi in considerazione delle componenti negative che sopraggiungono sui prezzi a consumo e per i tassi di inflazione prossimi al 2% annuo. Un aumento che potrebbe costare 30 miliardi di euro. La strada migliore passa per una consulenza in grado di interpretare al meglio le esigenze personali del cliente in relazione alla crescita di mercato. Lo scopo finale è quello di garantire un rendimento a rischio controllato.