Nonostante siano passati più di 30 anni, Chernobyl continuerà a far parlare di se ancora a lungo. La cittadina, colpita lo scorso 26 Aprile 1986 da un tremendo disastro nucleare, continua a spaventare gli scienziati di tutto il mondo.
Ad oggi, fortunatamente, le dinamiche dell’esplosione sono state chiarite, grazie anche alle tante testimonianze, per anni nascoste, apparse per la prima volta nella mini serie TV “Chernobyl” prodotta da HBO in collaborazione con Sky. Quest’ultima, quindi, ha riportato alla luce alcuni avvenimenti del tempo, puntando nuovamente l’attenzione mondiale sullo stato di degrado in cui versa attualmente la città. Proprio per questo motivo, quindi, di recente sono state condotte delle indagini con i droni che, di fatto, hanno svelato delle novità incredibili. Scopriamo di seguito cosa sta succedendo.
Le radiazioni rilevate in Francia, Germania e Nord Italia sono state minime ma, secondo un gruppo di ricercatori, questo non è dovuto né alla distanza né alla cementificazione del famoso Reattore 4. A quanto pare, infatti, ad aiutarci è stato il Cladosporium sphaerospermum,
ovvero un fungo le cui peculiarità biologiche sembra siano servite da scudo contro le radiazioni nucleari.Il New Scientist, di fatto, riporta un estratto della documentazione pubblicata dagli scienziati. Ecco quanto si legge:
“È già stato in grado di assorbire i dannosi raggi cosmici sulla Stazione Spaziale Internazionale. Potrebbe essere potenzialmente utilizzato per proteggere le future colonie di Marte”.
A quanto pare, infatti, un fungo cosi piccolo è capace di assorbire l’attività radioattiva su Marte per un intero anno, con un’esposizione di appena pochi minuti. Il fungo, inoltre, sembrerebbe essere capace di ripararsi e replicarsi a tempo indefinito.
Clay Wang dell’Università della California del Sud, ha commentato la vicenda affermando che:
“I progressi nell’uso dei poteri dei funghi per scopi medicinali sono stati graduali, ma sono stati potenziati negli ultimi anni da uno studio in corso che ne ha visto inviare campioni nello spazio. Coltivandolo nella Stazione Spaziale Internazionale, dove il livello di radiazione è aumentato rispetto a quello sulla Terra”.