Dopo la tanto discussa Quota 100 che resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021, una nuova riforma sulle pensioni si sta facendo strada. L’ipotesi più accreditata è che si assista ad un lento smantellamento del sistema pubblico previdenziale che spaventa non poco i contribuenti. Del resto la recessione economica che stiamo attraversando ed il ricorso al Recovery Fund rendono indispensabile ed urgente una riforma delle pensioni.
Se con Quota 100 è possibile andare in pensione con 62 anni + 38 di contributi, le strade percorribili dal 2022 saranno necessariamente diverse. Al momento in discussione ci sono solo due possibilità: la legge Fornero Bis e Quota 41. La prima ricalcherebbe il modello contributivo della precedente secondo cui il vitalizio pensionistico è proporzionale ai contributi calcolati. Una riforma quella della Fornero “salva-vita” per le casse dello Stato, ma poco amata dai contribuenti. A tal punto che al momento il governo sembra sia maggiormente concentrato su Quota 41, un meccanismo previdenziale ben diverso.
Il Ministro del Lavoro Nunzia Catafalco si dice pronta a lavorare su Quota 41, la formula secondo cui è possibile ritirarsi in pensione dopo 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Altro requisito fondamentale per accedere a Quota 41 è dimostrare di aver ricevuto almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni d’età. Inoltre occorre far parte di una tra le 5 categorie soggette a tutela: disoccupati, invalidi, caregiver, lavori gravosi e u/o usuranti.
Alla proposta di Quota 41 l’INPS risponde con dissenso. Come sostiene il Presidente dell’ente Pasquale Tridico, ogni categoria lavoratrice è a rischio a modo suo e Quota 41 non tiene sufficientemente conto delle innumerevoli diversità. Secondo lui sarebbe più sano e rispettoso stabilire delle regole flessibili riguardo al sistema pensionistico, prevedendo un’età di ritiro dal lavora diversa per ciascuna categoria.