La pandemia Covid-19 ha colto di sorpresa un po’ tutti e ha avuto un’onda d’urto devastante che ha indiscriminatamente colpito ogni nazione, senza fare distinzione di razza, sesso, estrazione sociale. Ha messo in forte crisi le economie dei paesi senza risparmiare nemmeno quelle più stabili, stressando oltre misura i loro sistemi sanitari. Nessun governo ha inizialmente riconosciuto la pandemia e questo ha portato a raggiungere livelli di diffusione del virus da dover imporre un lockdown sulla popolazione e sulle imprese.
Tra i paesi maggiormente colpiti spicca la Corea del Sud: data la vicinanza e i continui rapporti economici e turistici con la Cina, il virus ha trovato pochi ostacoli e, quasi immediatamente, la Corea è stata preda del virus Sars-CoV-2. Il governo coreano, però, non si è fatto prendere dal panico e ha dato sin dall’inizio l’impressione di sapere cosa fare e come comportarsi. Prima di decantare le eroiche gesta dei coreani per poi sminuire le nostre, vanno fatte alcune premesse:
1. Culturalmente i coreani sono più inclini al rispetto delle regole imposte dal datore di lavoro e dal governo, che peraltro hanno una forte presenza nella vita privata del cittadino – eredità della ultracentenaria tradizione confuciana.
2. Le autorità hanno a disposizione sistemi di sorveglianza ai limiti del paranoico: ogni strada, autostrada, edificio, ufficio, pullman, ascensore, negozio, autoveicolo è munito di camere di videosorveglianza – praticamente è impossibile passare inosservati.
3. Le prassi di gestione delle pandemie non arrivano gratis, la Corea ha già dovuto gestire casi precedenti: il Mers del 2015, molto meno devastante dell’attuale Covid-19, ha costretto molte aziende a rimanere chiuse per diverse settimane.