Avere un deposito di denaro a disposizione per l’uso ha sempre rappresentato una prerogativa per i risparmiatori. Prima del conto corrente, era il materasso, il comò (magari nascosto ancor meglio in qualche lenzuolo) o un mattone del pavimento ad essere il luogo designato per fungere da primitiva cassaforte dove tenere i risparmi.
Oggi, con l’aumento delle transazioni digitali e degli incentivi disposti per invogliare i cittadini ad impiegare strumenti di pagamento tracciabili (e scoraggiare contestualmente l’impiego del contante), il posto più utilizzato dove tenere il denaro è diventato il conto corrente.
Ma siamo sicuri che rappresenti davvero una buona idea tenere del denaro fermo sul conto? La risposta è no, e vi spieghiamo perché.
Il motivo principale per cui non è consigliabile tenere denaro fermo sul conto corrente consiste nella sua precoce perdita di valore dello stesso. Sui soldi depositati, infatti, agiscono diversi fattori che ne determinano la progressiva diminuzione di potere d’acquisto.
Anche ammettendo che i tassi d’interesse annuali sulle somme depositate siano nulli, il conto è soggetto alla tassazione con l’imposta di bollo annuale
pari a 34,20 euro, ad un costo medio di gestione calcolato attorno ai 145 euro e ad un’inflazione media annua dello 0,7% in Italia (dato del momento attuale, ma il target della BCE corrisponde al 2%).Questi costi medi, che possono variare a seconda del conto e del denaro depositato, vanno letteralmente a decimare le somme presenti sul conto.
A questi bisogna aggiungere poi il mancato guadagno che si otterrebbe se invece si mobilizzassero le somme presenti sul conto: si stima che i rendimenti persi a causa del mancato investimento partano dall’1,1% annuo fino ad arrivare ad oltre il 4% annuo (dato variabile a seconda dell’orizzonte temporale dell’investimento e al profilo di rischio dell’investitore, e naturalmente più si rischia e maggiore è il potenziale margine di guadagno).
Secondo il quotidiano Money.it, dunque, 1000 euro depositati sul conto diventano 180 euro in soli 5 anni, proprio a causa di questa concatenazione di fattori.