Si parla di insolvenza nel momento in cui il titolare del conto non salda nei tempi prestabiliti un debito contratto con la banca. Un esempio calzante è quando si spende una somma che va al di sopra della propria liquidità. In quel caso il conto viene definito scoperto, oppure in rosso. Molte banche, infatti, fissano delle soglie entro le quali si deve rientrare.
La suddetta, in questo caso, anticipa la somma e il correntista di conseguenza diventa in automatico debitore. Le condizione che regolamentano il conto in rosso sono riportate nel contratto. Quest’ultimo, oltre a fornire i termini per saldare il debito, fornisce anche i tassi d’interesse sulle cifre che ha anticipato la banca.
Se i termini stabiliti da contratto non vengono rispettati dal correntista, la banca può tranquillamente sospendere il conto e conseguenzialmente tutto ciò che ne riguarda, come bancomat e carte di pagamento. La sospensione va avanti finché il debito non viene saldato insieme a tutti gli interessi previsti.
Nel caso in cui il debitore continua a non saldare i debiti, l’istituto bancario può procedere per vie legali con il recupero dei crediti e dovrà segnalare il soggetto insolvente alla Centrale dei Rischi della Banca di Italia. Dopo di ciò, per il correntista, sarà difficile compiere qualsiasi tipologia di operazione finanziaria.
Il blocco del conto corrente, se viene eseguito per conto di terzi, ossia su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, la banca si limita ad eseguire un provvedimento del giudice. In questo caso si parla di pignoramento presso terzi e differiscono a seconda che il debito sia con lo Stato o con privati.
Il blocco del conto corrente cambia modalità di esecuzione nel momento in cui il creditore è un ente di diritto pubblico, ad esempio l’Agenzia delle Entrate. Il creditore, in questo caso, non deve ricorrere all’Autorità Giudiziaria e può procedere verso pignoramento.
La cartella esattoriale può dunque essere paragonata ad un atto esecutivo. Come detto anche in altri articoli, dalla ricezione della cartella il debitore ha 60 giorni per estinguere il debito. Se ciò non accade, il Fisco impone alla banca di bloccare i fondi presenti sul conto del debitore.
Il pignoramento del conto corrente avviene solo in presenza di notifica dell’atto di precetto. Dopo di questa segue la notifica della sentenza di condanna. Per i professionisti e persone giuridiche la notifica può avvenire anche per Posta Elettronica Certificata (PEC). In questo caso, la banca assume ruolo di terzo pignorato.
Nel momento in cui sarà stata ricevuta la notifica di precetto, il condannato avrà 10 giorni per saldare il debito. Quindi, non avverrà in maniera automatica il blocco e il creditore dovrà procedere verso la consegna dell’atto di pignoramento all’Ufficiale Giudiziario. Quest’ultimo si occuperà di notificare i soggetti che sono stati chiamati in causa.
Inoltre, il creditore può richiedere il pignoramento verso una pluralità di terzi. In sostanza, in alcune condizioni, possono essere pignorati conti correnti differenti. Ultima precisazione: se il conto è cointestato, i fondi possono essere pignorati solo a metà.
Da diverso tempo, ai titolari dei conti correnti viene dato dalla banca il questionario MiFID. Le domande riguardano la conoscenza degli strumenti finanziari, l’esperienza del soggetto con questi ultimi, la sua situazione dal punto di vista finanziario e il rischio che vuole assumersi in materia di investimenti.
Queste domande dovranno essere risposte obbligatoriamente in fase di apertura del conto e se ciò non viene rispettato ci sono pesanti sanzioni. Oltre alle sanzioni, ci può essere anche il blocco del conto corrente all’improvviso. Questo è ripristinabile compilando il questionario e aggiornando i documenti necessari.
La banca ha inoltre l’obbligo di comunicare operazioni sospette dei conti correnti all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia. Anche tramite questa situazione può avvenire la chiusura del conto.