Sette anni, 102 giorni e 12 ore. È questo il tempo che abbiamo prima che arrivi la fine del mondo. Lo dice il Climate Clock situato nei pressi di Union Square, nella città di New York. Secondo le lancette digitali del grande orologio americano posto su uno dei più alti grattacieli in America (che ha preso le parti dello storico orologio del 1999) manca sempre meno all’arrivo di una grande catastrofe ambientale globale. Pertanto il tempo rimasto all’umanità per agire sul riscaldamento globale e sulla quantità di energia non rinnovabile da produrre è ben poco.
La frase di The Earth Has a Deadline, la quale accompagna il conto alla rovescia afferma: “La Terra ha una scadenza”. Lo scopo è ovvio, il Climate Clock vuole sensibilizzare i newyorkesi e il mondo intero su un tema che non può più esser preso sotto gamba. A dichiararlo vi sono i giovani di Fridays For Future che nella Giornata di azione globale per il clima hanno manifestato in più di 3mila piazze.
«I problemi legati alla pandemia non possono mettere in ombra l’urgenza della crisi climatica», hanno affermato trovando eco nell’iniziativa americana del Climate Clock. L’installazione rimarrà al momento nella piazza di New York ma approfitta di un appuntamento importante per l’ambiente, l’avvio della settimana per il clima e la 75esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Jonathan Safran Foer ha messo sull’attenti la popolazione dichiarando il pericolo a cui stiamo andando incontro (e ad una possibile fine del mondo), dichiarando:
“Se contro ogni aspettativa riusciremo in effetti a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi:
• Il livello dei mari salirà di mezzo metro, sommergendo le coste di tutto il globo. Dacca (18 milioni di abitanti), Karachi (15 milioni), New York (8,5 milioni) e decine di altre metropoli diventeranno di fatto inabitabili. Si calcola che 143 milioni di persone siano destinate a diventare migranti climatici;
• Si stima che i conflitti armati aumenteranno del 40 percento a causa dei cambiamenti climatici;
• I ghiacci che ricoprono la Groenlandia saranno soggetti a uno scioglimento irreversibile;
• Dal 20 al 40 percento della foresta amazzonica verrà distrutto e si giungerà pian piano alla fine del mondo;
• L’ondata di caldo che si verificò in Europa nel 2003 — che costò la vita a più di 70mila persone, comportò 13 miliardi di euro di perdite nei raccolti e portò i fiumi Po, Reno e Loira ai minimi storici — diventerà la norma;
• La mortalità umana subirà un drammatico incremento dovuto a ondate di caldo, inondazioni e siccità. Asma e altre malattie respiratorie si diffonderanno a dismisura. Le persone a rischio di malaria aumenteranno di centinaia di milioni;
• 400 milioni di persone dovranno affrontare carenze idriche.
• Il riscaldamento degli oceani danneggerà in modo irreparabile il 99 percento delle barriere coralline, alterando gli ecosistemi di nove milioni di specie;
• Metà di tutte le specie animali rischieranno l’estinzione;
• Il 60 percento di tutte le specie vegetali complessive rischierà l’estinzione;
• La resa del grano diminuirà del 12 percento, quella del riso del 6,4 percento, quella del mais del 17,8 percento, quella della soia del 6,2 percento;
• Si stima che il Pil pro capite diminuirà a livello globale del 13 percento.”