Facebook ha annunciato che sta aggiornando le sue politiche per vietare esplicitamente la negazione dell’Olocausto nei post presenti sulla piattaforma. La decisione presa dall’azienda è una conseguenza di un recente episodio. Alcune teorie paradossali si sono diffuse a causa del noto social network.
Su Facebook è possibile postare teorie che smentiscono l’esistenza dell’Olocausto o di simile portata senza che accada nulla. Il CEO, Mark Zuckerberg, fa appello alla libertà di parola in casi come questo, anche se specificando quanto siano paradossali e offensivi questa tipologia di post che gridano al complotto su tematiche così delicate. Nonostante le varie premesse, Facebook continua imperterrito a non rimuovere prontamente questi post. Al di là di tutte le spiegazioni possibili e immaginabili, gli utenti non approvano questa scelta di evitare prese di posizione. Tuttavia, in questi ultimi giorni, sembra che qualcosa stia finalmente cambiando.
Facebook fa marcia indietro e decide di rimuovere e bannare post e utenti che diffondono notizie false sull’Olocausto
In seguito ai feedback fortemente negativi, il gigante dei social media ha deciso che “proibirà qualsiasi contenuto che neghi o modifichi la realtà quando si parla di Olocausto”. Ci sono svariati gruppi Facebook e pagine con quasi mezzo milione di seguaci dedicate proprio alla diffusione di teorie complottiste sull’Olocausto. Mark Zuckerberg ne ha parlato sul suo account. “Con l’aumento dell’antisemitismo, stiamo espandendo la nostra politica per proibire qualsiasi contenuto irrispettoso e che incentiva la disinformazione. Se le persone cercano Olocausto su Facebook, inizieremo a indirizzarli a fonti autorevoli per ottenere informazioni accurate”.
Facebook afferma di aver lavorato con una serie di gruppi che combattono l’antisemitismo, tra cui il World Jewish Congress e l’American Jewish Committee, il Community Security Trust e il Simon Wiesenthal Center. In precedenza, Facebook aveva utilizzato la negazione dell’Olocausto come esempio di come l’azienda protegge la libertà di parola. “Questi temi sono molto impegnativi, credo che spesso il modo migliore per combattere discorsi offensivi sia con un buon linguaggio“, queste le dichiarazioni rilasciate nel 2018.