Un nuovo progetto avviato dalla Banca d’Italia andrà ad includere più fortemente le donne nell’ambito dell’educazione finanziaria. Tematica spesso bistrattata o non considerata, nonostante il mondo si stia muovendo in direzione di un mercato globale che sempre più sarà dominato dalla necessità di saper gestire il proprio denaro per farlo fruttare (piuttosto che lasciarlo a marcire su un conto corrente da cui uscirà decimato, come abbiamo spiegato negli scorsi giorni).
In collaborazione con Soroptimist International – l’associazione di donne impegnate nel supporto all’avanzamento della condizione femminile nella società e nel mondo del lavoro – la Banca d’Italia ha dunque avviato un piano che consisterà in progetti di educazione finanziaria pensati appositamente per le donne: un modo per ridurre il divario di genere, che in Italia risulta più presente che in altre nazioni, soprattutto alla luce dei cambiamenti che stanno avvenendo nella società per l’effetto combinato di digitalizzazione e pandemia.
“Le donne contano”: all’avvio il progetto di educazione finanziaria sostenuto dalla Banca d’Italia
Da cosa nasce l’esigenza di far partire proprio ora un simile progetto?
Lo spiega Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice della Banca d’Italia, in occasione dell’apertura dei lavori: «Lavoro da casa, competenze finanziarie che vedono le donne essere meno consapevoli di quello che sanno, difficoltà ad aver accesso al credito per autoesclusione o discriminazione, divari per minori competenze delle donne in ambito finanziario dalla gestione dei conti a operazioni più complesse. Sono le difficoltà che le donne si trovano ad affrontare in questo momento. Per questo è necessario mettere in campo una serie di azioni positive, che possano trasformare le criticità in opportunità. Le donne hanno la capacità di guardare a prospettive più lunghe nel tempo ed è necessario che in questo momento possano avere gli strumenti non solo finanziari ma anche digitali per farlo».
Di fatto, continua, sono due i fattori che hanno inciso fortemente in questo periodo di lockdown sulla condizione femminile nel mondo del lavoro e dell’economia: per molte donne, stare a casa non è significato soltanto lavorare da casa, ma occuparsi contestualmente della sua gestione, storicamente demandata alle competenze del genere femminile. In aggiunta, molte delle imprese che sono state ferme in questi mesi erano a maggior trazione femminile, e questo ha contribuito a rimarcare un divario preesistente.
Si spera che questi progetti possano contribuire in maniera solida alla formazione delle donne nei campi che, per retaggio culturale, sono sempre stati appannaggio esclusivo maschile. E che tutti collaborino a questo processo, per rendere il nostro Paese più egualitario e competitivo a confronto delle altre potenze mondiali.